Il libraio di Selinunte (reprise)

Post brevissimo (ci provo). Ho riletto “Il libraio di Selinunte” di Vecchioni (vedi mio precedente post) e, se possibile, l’ho trovato ancora più bello. L’idea che il mondo perde senso quando sono le parole a perdere senso la trovo magnifica: solo attraverso le parole riusciamo a comunicare in modo pieno (seppur, comunque, imperfetto), e quando queste si svuotano tutto quello che sappiamo, conosciamo, tocchiamo, vediamo perde senso, non è più spiegabile. Attenzione: per “parola” non intendo solo la sua espressione sonora, ma anche scritta, cantata, espressa coi gesti. Ripensavo, mentre riflettevo sul potere della parola, ad un “cameo” di Beppe Grillo in “Libera la mente” di Giorgia che riprende lo stesso tema: Non han più senso le parole / le parole quando scardinano le parole quando tu sei abituato a una parola come concetto hai un pensiero dietro la parola se mi cambi il significato di quella parola lì mi cambi un concetto mi cambi il mondo davanti e io rimango senza armi, come un ebete Fonte (testo completo canzone): http://www.angolotesti.it/G/testi_canzoni_giorgia_143/testo_canzone_libera_la_mente_feat_beppe_grillo_863135.html Una cosa che non avevo notato la prima volta: i personaggi forse più cari a Nicolino (o almeno quelli che lo aiutano in questa avventura) sono lo zio Nestore, sempre silenzioso e – in contrasto – il libraio, ricco di parole. Lo zio Nestore sostituisce Nicolino nel letto quando questi va dal librario: il silenzio (dello zio) legato al sonno, l’inattività, (la morte?) contro il suono, la parola, legati alla vita, alla crescita. Interessante, molto interessante…

Scacco a Dio (Roberto Vecchioni)

“Le storie ribelli di chi vuol essere altro da sé” Che Vecchioni mi appassionasse mi sembra di averlo già detto nei precedenti post. E’ soprattutto l’uso che fa della parola, della lingua italiana, che adoro: riesce a scrivere cose interessanti in forme interessanti senza essere troppo alto, troppo intellettualoide, senza usare termini troppo incomprensibili. Certo, qualche volta ci scappa un termine per cui sono costretto a cercare il significato sul dizionario, ma nel complesso riesco a leggere i suoi libri abbastanza speditamente. Come è successo per un altro suo libro (“Viaggi del tempo immobile”, letto e recensito su Ciao.it perché ancora non avevo aperto il blog…), e come succede anche con le sue canzoni, nel libro troviamo storie di personaggi realmente esistiti, storie rivisitate da Vecchioni, narrate dall’immortale Teliqalipukt e ascoltate da un Dio che si presenta ora pittore, ora acrobata di circo, ora cuoco… Il pretesto per la struttura del libro è una “presunta” crisi di Dio: un dubbio sul perché gli uomini Gli sfuggono. Come Vecchioni fa dire a “Dio” stesso: “Sembra quasi che lo facciano per farmi dispetto, gli uomini: arrivati ad un certo punto è come se s’incidessero un’altra linea della vita sulla mano. No, non parlo di peccati, quelli son minuzie: dico il corso del loro destino. E’ come se in un’immaginaria scacchiera non accettassero più le diagonali di un alfiere, i salti di un cavallo, le rette di una torre. E spacciano questa falsa libertà per uno scacco a me, uno scacco a Dio. […]

Di sogni e d’amore (Roberto Vecchioni)

Poesie 1960-1964 Che Roberto Vecchioni mi piacesse come scrittore lo avrete capito se avete letto i miei precedenti post… Che trepidassi, allora, nell’attesa di questo libro vi risulterà ovvio. E’ uscito da poco, e appena uscito l’ho acquisato. Si tratta di poesie che Vecchioni ha scritto fra il 1960 ed il 1964, in un momento un po’ di crisi (da quello che si evince nelle intrduzioni). Roberto stesso ha detto che il libro è stato un po’ una sorpresa: la madre ha conservato queste poesie a sua insaputa, e un amico (non ho capito bene se è lo stesso editore: Frassinelli) le ha raccolte ed ha fatto uscire il libro praticamente insieme all’ultimo album del cantautore (Di rabbia e di stelle – già acquistato anche quello). Sulle poesie non me la sento di esprimermi: non sono un esperto. Posso però dirvi che mi emozionano. Ma vi confesso anche che ciò accade un po’ con tutte le poesie che mi capita di leggere. Certo: sono un po’ influenzato dalle canzoni di Vecchioni (che considero poesie), soprattutto dalle immagini che riesce ad esprimere con poche parole – come se in poche pennellate riuscisse a dipingere un quadro complesso. Non vi dico, quindi: “questa poesia è bella, quest’altra è brutta”. Non ho le competenze per farlo. Però a me piacciono. Non ho ancora finito il libro: me lo gusterò con calma. Per questo ho preferito scrivere adesso il post, ancora col libro a metà. Continuerò a leggerlo piano piano… una poesia o due ogni tanto, quando mi sento nello spirito […]

Il libraio di Selinunte (Roberto Vecchioni)

La storia di un paese che perde il significato delle parole. E’ una favola, quella che Vecchioni racconta per voce di Nicolino. “Una favola che parla al cuore e al cervello” come si legge sulla copertina. L’ambientazione è Selinunte, piccola cittadina siciliana incastrata fra l’azzurro del mare ed il blu del cielo, ed adornata da alcuni ruderi greci. In un passato che ha il sapore di un’altra epoca, ma che è invece più recente di quello che si pensa, Nicolino è un fresco adolescente che assiste alle vicende di un nuovo libraio che si installa in città. Persona strana nell’aspetto, piccolo, quasi repellente tanto che tutto il paese cerca di evitarlo (negozianti compresi), il libraio sembra – fatto che lo rende ancor più strano agli occhi della gente – che non voglia vendere i libri ma solo leggerli. Ed inizia, appunto, un ciclo di letture: la prima sera alcuni curiosi partecipano, ma è l’unica volta in cui le “letture letterarie” organizzate dal libraio possono vantare un pubblico “palese”. Ma il libraio non si scoraggia e continua nel suo ciclo. Incuriosito dal personaggio Nicolino inizia a partecipare alle letture sgattaiolando dentro il negozio del libraio e nascondendosi dietro alcune pile di libri. E le parole lo affascinano. No, non tanto le gesta epiche di eroi raccontati dalla voce del libraio, ma proprio le parole: iniziano ad avere uno spessore, una consistenza, un peso che si fa strada nell’animo di Nicolino fino a portarlo ad architettare un “inganno” per poter continuare a […]

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