Pulvis et umbra (Antonio Manzini)
Già detto che Manzini mi ha sorpreso? Conosciuto grazie alle serie in Giallo di Sellerio, mi sono affezionato al suo Rocco Schiavone, particolare tipo di antieroe che cercando di fare la cosa giusta (con una idea di giustizia un po’ personale) deve lottare col suo passato, le sue ombre, e i pugni di polvere che ti rimangono in mano quando tutto sembra sgretolarsi davanti a te. Mi son tanto affezionato al personaggio che ho visto anche la serie TV (io che di solito preferisco NON vedere film e telefilm ricavati da libri che ho letto) e l’ho trovata ben fatta (ne ho parlato qui). Sarà che l’attore che interpreta Schiavone (Marco Giallini) lo rappresenta proprio bene, sarà che Manzini stesso ha messo mano alla scenografia, sarà che l’impianto dei racconti è rispettato quasi completamente (rispetto ad altre serie che, a mio avviso, stanno diventando storie completamente diverse rispetto ai romanzi originali), fatto sta che mi piace tutto, al momento, delle vicende di Schiavone. Però, secondo me, le storie di Schiavone sono da leggere d’inverno; non sono romanzi da portare sotto l’ombrellone. Perché il carattere musone del personaggio principale ti si attacca un po’ addosso, e tu ne esci un po’ intristito. E in questo racconto, forse, più di altre volte. Perché è un racconto di tradimenti, di falsità, di mancata giustizia. Siamo sempre ad Aosta, città dove il Vicequestore Rocco Schiavone è stato mandato a scontare non so (ancora) bene quale sua “marachella” lavorativa (a parte l’antipatia che ispira nei […]