Veloce (spero) post per commentare questo e-book comprato in offerta da Amazon: il prezzo dell’edizione elettronica (ad ora) è 5,99 Eur, mentre un mesetto fa era in offerta (per un giorno) a 1,49 Eur, ed è allora che ne ho approfittato. Del libro ne avevo già sentito parlare (il buon Massimo Polidoro lo aveva citato in alcuni suoi articoli) ed ero potenzialmente interessato all’acquisto (nel caso, cartaceo), ma ancora non mi decidevo a prenderlo. Proprio Massimo ha lanciato un “tweet” con l’offerta speciale del giorno (1,49 Eur, come dicevo sopra), e non me la sono lasciata scappare.
Per una valutazione del libro, però, devo partire da cosa mi aspettavo da esso. Come detto più sopra, ne avevo sentito parlare. L’idea che mi ero fatto era di un libro che riporta, sostenuto da vari riferimenti ad esperimenti e studi scientifici, come sia possibile “raggirare” eventuali ragionamenti logici del nostro interlocutore e – con la forza delle parole – portarli a nostro vantaggio. Tipo come chiedere l’aumento al capo ed avere successo 🙂 A parte le battute, speravo di capire i processi cognitivi generici delle persone, così da migliorare la mia comunicazione, oltre che per pura curiosità (capire come funziona il mio cervello).
Ma il libro non è questo, anche se affronta in modo abbastanza diretto alcuni aspetti di quanto cercavo. Per spiegarmi meglio uso le parole con cui l’autore introduce il libro:
Probabilmente questo antico status di vittima designata [a comprare qualsiasi cosa proposta] spiega il mio interesse per lo studio dell’acquiescenza. Quali sono esattamente i fattori che inducono una persona a dire di sì alle richieste di un’altra? E quali sono le tecniche che sfruttano con più efficacia questi fattori? Perché una richiesta formulata in un certo modo viene respinta, mentre una richiesta identica presentata in maniera leggermente diversa ottiene il risultato voluto?
E’ l’ultima frase (una richiesta identica presentata in maniera leggermente diversa…) quella che più si avvicina a cosa cercavo. Ma il libro non istruisce su come presentare le richieste, ti illustra piuttosto quello che ad ora si sa di come agisce il nostro cervello di fronte a quelli che Robert indica come “6 principi psicologici fondamentali che orientano il comportamento umano“. Questi principi sono nati e si sono evoluti insieme al genere umano e spesso forniscono delle scorciatoie per prendere decisioni per le quali il cervello richiederebbe tempo ed energia. Semplificando molto potremmo dire che il buon vecchio “così fan tutti” è una di queste scorciatoie (se lo fan tutti lo faccio anche io), anche se non delle migliori. Ho una riprova personale su questo: se capito in un ambiente sporco anche io tendo a sporcare di più, mentre in un ambiente pulito sto più attento. E scommetto che molti di voi fanno similmente: provate, in un bagno pubblico, a riflettere sulle vostre azioni in base al livello di pulizia che trovate.
Il bravo venditore conosce (anche senza aver studiato psicologia) questi principi e sa sfruttarli per creare una specie di corto circuito a suo vantaggio. Per intenderci: se abbiamo bisogno di un auto il venditore sa come imbastire il discorso per convincerci a prendere quell’accessorio in più o quel modello particolare. Non è una fregatura: l’auto ci serve e il venditore, magari, ci vende una buona auto, che realmente ci piace. Solo che, se eravamo partiti per spendere 100, probabilmente il venditore ci avrà spillato 120… Cioè ci viene dato quello che cercavamo, ma veniamo convinti a spendere qualcosa di più in dettagli che inizialmente non ci interessavano.
I 6 principi psicologici su cui l’autore si concentra (secondo lui ne esistono anche altri ma che tendenzialmente derivano da questi) sono: “coerenza“, “reciprocità”, “riprova sociale“, “autorità”, “simpatia”, “scarsità”. Non sto a dettagliare qui cosa Cialdini racconta di essi: c’è un capitolo intero per ognuno di loro, corredato da esempi e supportato da studi scientifici (con note a fondo libro per maggiori riferimenti). Robert analizza ogni principio, indicando quali possano esser stati i vantaggi evolutivi che esso ci ha portato, e richiamando alcuni esperimenti che hanno permesso di definire bene come questo principio agisce, per poi passare ad alcune indicazioni di come questo principio sia sfruttato da venditori e postulanti, e concludendo con alcuni suggerimenti per non cadere nella trappola di chi li sfrutta.
Anche se il libro non corrispondeva al 100% alle mie aspettative devo dire che l’ho trovato molto interessante e, addirittura, mi son trovato a riflettere su quali principi vengono usati in alcune pubblicità televisive o se mi trovo a dover contrattare un qualche servizio. Forse prossimamente dovrò comprare un auto nuova: se mi accorgo che il venditore cerca di sfruttare alcuni di questi principi, e nel caso riesca a controbattere, ve lo racconterò 🙂
Ho poi espanso il ragionamento: il libro fa riferimento a studi della fine del ‘900 e, su alcuni, credo l’autore si debba un po’ aggiornare. Penso in primis agli studi atti a dimostrare il principio di autorità (fai qualcosa perché ti viene detto da una persona che si identifica con una autorità superiore alla tua: esempio pratico, in pubblicità si mostrano dottori – veri o finti che siano – quando si reclamizzano prodotti farmaceutici). Potrebbero variare, secondo me, i risultati in base alla zona geografica: non sono convinto che lo stesso esperimento – riportato nel libro – della somministrazione del medicinale, oggi, in Italia, darebbe gli stessi risultati di quello citato dall’autore.
Al di là dei dubbi di sorta, però, i principi si sono sviluppati in migliaia di anni e si possono sfruttare in tanti modi. Ed ultimamente stanno prendendo piede in Internet. O meglio, vengono usati più efficacemente. Da quando la pubblicità esiste, infatti, gli esperti di questo settore sanno usare (in parte o tutti) questi principi. C’era però un problema sul messaggio legato al mezzo: potevi fare la pubblicità più fantastica del mondo ma dovevi distribuirla su un giornale o su una rete Tv: milioni di persone ricevevano lo stesso messaggio nella stessa forma e, come dicevamo all’inizio, non tutti reagivano allo stesso modo. Ma se tu potessi sapere inizialmente le preferenze di alcune persone, potessi descriverle con degli “indicatori”, raggrupparli in base ad essi e mandare messaggi diversi ai singoli gruppi? E’ più faticoso, certo, perché devi dare una forma diversa al tuo messaggio in base al gruppo destinatario, ma garantisce risposte (spesso positive) in numero molto maggiore. E questo, oggi, lo si fa con la profilazione internet.
La cosa un po’ mi ha inquietato, perché pochi giorni dopo aver finito il libro, e prima di iniziare a scrivere questo post, mi sono imbattuto in un articolo di Valigia Blu che spiega, infatti, come sia diventato possibile, analizzando le tracce digitali delle persone che navigano su internet, definire tutta una serie di indicatori che riescono a descrivere potenzialmente ogni soggetto fino a prevederne i gusti. Manna per i siti on line, che possono proporre pubblicità mirate. Ma manna, si legge nell’articolo, anche per gli analisti politici, che in questo modo riescono a smuovere gli indecisi in modo più diretto, influenzando il voto finale e riuscendo, spesso, a far pendere la bilancia dal lato che loro vogliono.
Nell’articolo (ecco il link: Power of BigData – analisi delle tracce digitali per influenzare il pubblico) oltre alla spiegazione “tecnica” (ma non da nerd) di come questo sia possibile ci sono anche alcuni esempi che rimandano agli ultimi eventi (come la Brexit e le presidenziali americane): i vincitori si sono avvalsi dei servizi di questa società per parlare in modo mirato e specifico a iccoli gruppi omogene di indecisi, riuscendo a portarli dalla loro parte… Non si può dichiarare in modo assoluto che sia stato questo meccanismo pubblicitario (il voto come prodotto da vendere ad un pubblico di indecisi) a far vincere quella parte, ma c’è un forte sospetto che abbia aiutato. Ed è illegale? No: gli indecisi hanno ricevuto delle informazioni ma hanno ragionato con la loro testa. L’unica cosa che potremmo contestare è la “qualità” dell’informazione: magari si è scelto di passare solo quelle cose che avvantaggiavano la parte rappresentata.
Plus: attraverso un link nell’articolo potete accedere ad una versione del DB di profilazione di cui si parla.
Buona lettura!
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Si parlava, nel post, di profilazione… Ed ecco un articolo di Paolo Attivissimo su come Facebook riesce a profilare i propri utenti. Vi lascio alla lettura diretta. Molto interessante anche per capire come mai vi arrivano certe pubblicità mentre state sfogliando facebook.
http://attivissimo.blogspot.it/2017/11/facebook-vi-classifica-in-52000.html