Ve lo avevo detto, no, che la scuola giallistica svedese mi stava appassionando? Ed in particolare questa autrice, di cui sto leggendo la saga (questo è il terza capitolo, ecco i miei post sul primo e sul secondo).
L’eroina è sempre Rebecka Martinsson, e ci sono i coprotagonisti di sempre (gli agenti Anna-Maria Mella e Sven-Erick Stålnacke), anche se (come accennavo nel secondo capitolo) questi personaggi hanno un peso minore (a livello di pagine) rispetto agli altri protagonisti della storia. Tutti e tre vivono l’evento, lo affrontano, cercano di controllarlo, ma se si contassero le pagine in cui loro agiscono per risolvere il caso, risulterebbe meno di 100 (delle 423 che compongono il libro). Ma ogni buona storia nasce da lontano, ed ogni protagonista vive una serie di esperienze che lo portano, poi, al punto finale, in questo caso l’uccisione di Inna Wattrang e perché. L’autrice non ci guida per mano lungo una pista di indizi logici, ma ci presenta i personaggi, le loro storie, la loro vita vissuta e le scelte che hanno portato, tutti loro, in quel posto in quel momento a compiere quelle azioni…
Ma cominciamo dal “riassunto delle puntate precedenti”: Rebecka Martinnson, originaria di Kiruna, lavora presso uno studio di avvocati di Stoccolma. Torna al paese di origine per aiutare una amica il cui fratello (e amico di Rebecka) è morto assassinato. Facendo le domande giuste e sapendo leggere gli avvenimenti grazie all’esperienza del passato, riesce ad intuire una orrenda verità, dalla quale viene quasi uccisa. Fine del primo capitolo.
Nonostante una grossa crisi e una forte depressione, Rebecka continua a lavorare per lo studio di avvocati. Circa un anno dopo la scampata morte, torna a Kiruna per aiutare il suo capo con alcuni nuovi clienti. Rimane coinvolta, seppur marginalmente e involontariamente, in un nuovo assassinio e, pur senza fine investigativo, si avvicina così tanto alla verità da rischiare, nuovamente, la vita. L’amicizia con un ragazzo, ucciso nel finale dall’assassino, farà scattare la valvola della pazzia in Rebecka: forse uno sfogo contro tutto il dolore provato, ma anche una istigazione al suicidio (Rebecak sembra volersi annegare nel vicino lago). Fine del secondo capitolo.
In questo terzo capitolo Rebecka è in cura. E’ una donna forte, ma altamente depressa (converrete che la vita le ha presentato un conto decisamente salato nel giro di due anni). Però reagisce alle cure, capisce che la sua salvezza è razionalizzare e andare avanti. Non pensa di tornare a lavoro a Stoccolma, anche se il cuore le direbbe di riprovare. Le viene offerto un posto di procuratrice a Kiruna: dovrà occuparsi di reati fiscali (era il suo campo anche nel precedente lavoro) e lei accetta. Si ammazza di lavoro, con ritmi che altri ritengono alienanti, ma che la aiutano a non pensare al suo recente passato.
La detective di polizia Anna-Maria decide di chiedere aiuto a Rebecka in un caso di assassinio recente: Inna Wattrang, una donna piacente, viene trovata morta in un’arca (una casetta usata dai locali per la pesca su ghiaccio, in inverno), con sul corpo evidenti segni di tortura. Anna-Maria ha bisogno di capire chi è il capo e socio di Inna, Mauri Kallis, magnate e imprenditore: Rebecka è brava nel raccogliere il maggior numero di informazioni nel minor tempo possibile e, soprattutto, nel riassumerle nel modo più semplice possibile. Il giorno seguente Mauri Kallis sarà a Kiruna per varie pratiche relative alla sua collaboratrice defunta, e Anna-Maria intende torchiarlo per capire se la vicenda si sviluppa intorno al lavoro svolto dalla donna o tocca ambienti diversi.
E qui il giallo lascia il passo ai personaggi. Non si ha più una sequenza logica dei fatti, ma si vivono le vite dei protagonisti. Chi è Mauri, come ha tirato su l’immensa fortuna che lo rende uno degli uomini più ricchi del mondo? E chi sono Inna e suo fratello, entrambi collaboratori stretti di Mauri, talmente stretti da vivere nella mega villa da lui comprata?
Uno degli aspetti che più mi ha colpito (e che per ora apprezzo molto) dei gialli della Larsson è proprio il descrivere i personaggi: il delitto non viene spiegato con una sequenza logica di fatti (alla Sherlock Holmes, per intenderci) ma attraverso l’incrocio delle vite dei protagonisti. Non è un giallo in senso stretto: Åsa ci porta nella mente e nella storia dei personaggi, come se l’evento finale fosse la somma di tante piccole storie che in quel punto si incrociano. Come raccontavo per il secondo capitolo, il romanzo è come un puzzle: inizi collegando le tessere fra loro in piccoli gruppi, poi aggreghi i gruppi in gruppi più grandi, finché alla fine tutti i gruppi si collegano e ti si forma una immagine quasi completa. Gli ultimi pezzi da inserire sono quei dettagli che fanno comprendere l’immagine nella sua interezza, i singoli dettagli che completano il senso della storia. Certo, anche prima del finale intuisci, comprendi una serie di cose, ma il dettaglio preciso lo hai solo quando tutti i pezzi sono al loro posto.
La trama, di per sé, è semplice: come detto prima Anna-Maria coinvolge Rebecka nell’indagine per l’assassinio di Inna. Si tratta di una delle più importanti collaboratrici di Mauri Kallis, proprietario di varie aziende con capitale ad alto rischio (maggiore possibilità di perdere denaro, ma anche maggiori guadagni). Una di queste imprese è in un Paese caldo dell’Africa, in zone di guerra, e Kallis si vede coinvolto nell’organizzare un colpo di stato per mandare al potere una persona che potesse garantirgli maggiori possibilità di sfruttamento della miniera. Inna viene a sapere di questo e di altri giochi “sporchi” del suo capo e inizia a rivelare alcuni dettagli ad un giornalista che, guarda caso, qualche giorno dopo viene trovato morto. La polizia che indaga sulla morte di Inna lo viene a sapere ed inizia a collegare le due cose, ma non fa in tempo a interrogare Mauri perché succede un putiferio (e lascio alla vostra immaginazione indovinare cosa succede, a meno che non vi leggiate il libro 🙂 ).
Figura particolare in questo romanzo è la sorellastra di Mauri. Il finanziere è nato in condizioni disagiate (una madre malata mentalmente, l’assenza di un padre, l’affidamento, le prese in giro). Ester è una delle sorellastre, nata da una avventura della madre di Mauri e un disadattato di origine indiana. Viene adottata e cresciuta da una famiglia Sami, di cui prende le tradizioni ed i modi di fare. Ester ha due qualità, una che ha espresso da giovane (vena artistica da pittrice), ed una “nascosta” derivata – secondo la madre adottiva – dalla nonna adottiva, cioè vedere il futuro. Non parla mai di questa caratteristica, anche perché tende a vedere solo le cose brutte delle persone che incontra, ma – come vedrete alla fine del romanzo – è grazie a queste visioni che Ester salverà la vita a Mauri.
Ora, a me in generale i poteri paranormali non piacciono a meno che non siano storie che hanno questi poteri al loro centro. In genere non mi piacciono personaggi come Ester in racconti gialli, ma devo confessare che in questo particolare caso è stata una presenza significativa, seppur discreta. Avrei preferito un’altra opzione (lo scopo, nel racconto, di Ester è solo salvare il fratellastro: poteva esser fatto in modo diverso) ma ammetto che – soprattutto nel finale – la ragazza e la sua storia mi hanno un po’ intrigato.
Al di là di questo, Åsa Larsson ha dimostrato ancora una volta di saper costruire un giallo intrecciando vari fili (le storie dei personaggi) e costruendoli, uno ad uno, in modo quasi maniacale. In un romanzo qualsiasi penseresti a Mauri Kallis come ad un bastardo arricchito che se ne frega degli altri, o a Inna Wattrang come ad una opportunista amante della ricchezza. Ma l’autrice ci presenta storie diverse, che ci fanno entrare nei personaggi e ci fanno comprendere il loro modo di agire. Alla fine io ero un po’ in dubbio se considerare Mauri più delinquente o vittima: senza giustificare le sue azioni, mi son ritrovato a pensare che alcune sue scelte sono state più subite che ragionate. Come direbbe un vecchio detto, l’autrice fa camminare i lettori nelle scarpe dei personaggi, così da far vivere loro una parte dell’esperienza del protagonista.
L’incipit della pagina finale (ringraziamenti ed altro) dice “Metà della serie è scritta“: io ho già sul comodino il quarto capitolo (“Finché sarà passata la tua ira“), quindi aspettatevi nei prossimi mesi un nuovo post con protagonista la nostra eroina Rebecka (ah, quasi dimenticavo, sembra che alla fine il suo cuore abbia vinto sulla sua ragione). Ma non subito: dopo romanzi di questo spessore preferisco leggere qualcos’altro, magari più leggero, per staccare un po’.
Stavolta non dico niente sulla traduzione: nei capitoli precedenti avevo accennato ad un paio di elementi che mi avevano incuriosito. In questo caso non c’è niente di particolare. Resta (per quel che posso capire) ottima la traduzione di Katia De Marco, che riesce a rendere in un ottimo italiano anche alcuni dettagli tipici della cultura svedese (ed ho una amica che vive in Svezia, ed una cugina che conosce bene la Svezia: posso verificare alcune cose con loro quando ho dei dubbi).
Il prezzo? 12,50 Eur (che trovate scontato, come al solito, su Amazon). Devo dire che stavolta va bene. Oddio, se si arrivasse a 10 Euro sarei stra felice, ma rispetto ad altri romanzi gialli questo libro costa un po’ meno. E’ anche vero che la copia che ho preso è forse una edizione più economica (Marzilio, tascabili Maxi) e magari la prima edizione costava un po’ di più, ma – alla fine – devo dire che son contento. I 2-3 euro risparmiati, tanto, li spenderò nei prossimi volumi della saga 🙂
Buona lettura.
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