Buchi nella sabbia (Marco Malvaldi)

(dal sito Sellerio)

Anche in questo caso ci ho messo un po’ a scrivere la recensione, come per la precedente… Ma in questo caso non perché sia rimasto insoddisfatto, ma piuttosto per questioni pratiche (avevo, appunto, l’altra sulle spalle, oltre una serie di cose da fare) e tecniche (volevo verificare qualcosa).

Sapete che Malvaldi mi piace “un casino” (tanto tanto tanto) e che mi compro (quasi) tutti i suoi libri. Ha un modo di scrivere che adoro, mette ironia nei personaggi, ti fa ridere. Il suo successo è certificato dal gran numero di copie vendute, sempre, e dalla serie TV dedicata ai “Delitti del BarLume” (che ancora non ho visto sia per motivi tecnici – non ho sky – sia per motivi ideologici – salvo rare occasioni preferisco non vedere film di libri letti; ma in questo caso potrei fare una eccezione 🙂 ).

Però stavolta non son rimasto contento al 100%. Prima di tutto perché il libro aveva un difetto (una pagina piegata e “cucita”, che mi ha costretto ad uno strappo della stessa, per poter leggere ciò che era nascosto nelle pieghe): cose che capitano, certo, ma non me l’aspettavo da Sellerio, che è solito produrre materiale di ottima qualità. Ovviamente potevo riportare il libro dove l’avevo preso, ma mi ha fatto fatica e, in fondo, il testo si leggeva tutto (son rimasti nello strappo solo 5 caratteri a fondo pagina, rimane una scocciatura ma il testo è perfettamente comprensibile).

Il secondo motivo è che la costruzione della trama è, per certi versi, simile ad altri, senza particolari colpi di genio come (purtroppo) Malvaldi ci ha abituati. Serve spiegarsi meglio: un giallo è sempre un giallo, dove succede qualcosa (solitamente qualcuno viene ucciso) e l’investigatore di turno scopre, grazie ad una serie di indizi analizzati e concatenati con una logica schiacciante, colpevole e motivo. Un giallo pseudo-storico, come questo, lascia ancora meno spazio alla fantasia, alla possibilità di creare trame particolari (e, ripeto, Malvaldi è molto bravo in questo: ogni storia del BarLume è praticamente diversa dalle altre). Quindi, mi direte, Marco si è comportato anche troppo bene: ha preso personaggi storici reali, con le loro caratteristiche, e vi ha cucito addosso un bel romanzo giallo. E vi do ragione: ha fatto questo. Ma (e qui si entra, forse, anche nei gusti personali) questa volta mi è piaciuto meno. Malvaldi rimane in testa alla mia classifica di autori preferiti, ma questo libro non è in testa nella mia classifica personale dei libri dell’autore.

Ma parliamo del libro: come accennavo l’autore si diverte a prendere personaggi reali, soggetti molto particolari, e vi costruisce un romanzo pseudo storico, ma decisamente realistico, attorno. Personaggio principale, anche se sembra muoversi ai lati della storia, è Ernesto Ragazzoni, poeta e giornalista de La Stampa (proprio questo lavoro di giornalista gli farà dire di sé “io fo buchi nella sabbia“, cose effimere che durano appena un giorno, e il giorno dopo sono dimenticate).

Ragazzoni viene mandato a Pisa dove è prevista la visita del Re Vittorio Emanuele III, nel 1901. Va ricordato che il precedente Re era stato ucciso appena un anno prima, e che la zona (da Pisa a Carrara) è sempre stata covo di anarchici. A complicare la cosa ci si mette Puccini; o meglio, una compagnia teatrale che vuole, in onore del Re, rappresentare proprio la Tosca, ultima opera del famoso compositore (nato, propri, da quelle parti). Opera che, a dirla tutta, non esalta molto le autorità… C’è quindi grande agitazione fra le Guardie Reali (reparto dei Carabinieri col compito di proteggere il Re): si teme un attentato al Re, si controllano anarchici conosciuti e presunti, si devono avere occhi dappertutto…

La scombinata compagnia teatrale riesce comunque a mettere in scena la Tosca, ma avviene un dramma nel dramma: il tenore Ruggero Balestrieri, che interpreta il Cavaradossi, viene realmente ucciso nella scena della fucilazione. Nel teatro, in presenza al Re, potrebbe succedere il finimondo, ma le Guardie riescono a mantenere un certo livello di sicurezza e niente accade di quello che potrebbe accadere. C’è però da scoprire chi e per quale motivo abbia compiuto l’efferato omicidio. E fra Carabinieri degni delle migliori barzellette, artisti eccentrici e pieni di sé, anarchici convinti e giornalista (il Ragazzoni, appunto) impiccione e spesso alticcio, la cosa potrebbe diventare molto complessa (e molto divertente per il lettore).

Facciamo una precisazione: i fatti NON si sono realmente svolti, pur essendo realistici. Non vi è traccia di una Tosca rappresentata a Pisa, nel 1900, con ospite il Re. Anche i personaggi della compagnia teatrale non esistono. Come dicevo sopra il romanzo è un’opera sartoriale cucita intorno a Ragazzoni che, insieme al Re, al suo capo Alfredo Frassati e ai personaggi “pubblici” citati (ma non direttamente presenti)  come Puccini, sono gli unici “elementi” reali. Non si può parlare di un romanzo storico, ma rimane un’opera realistica che racconta un pezzo di storia (reale) del 1900: il contesto sociale della zona era proprio quello descritto. A pagina 233 Malvaldi stesso ci indica dove Storia (reale) e storia inventata si intrecciano, raccontandoci (fra l’altro) una serie di chicche su Puccini, sull’opera in generale, sul protagonista principale.

Ma parliamo delle cose che mi son piaciute. Marco ha un’arte tutta sua nelle aperture: il primo capitolo, (anzi, il capitolo zero) con quel ripetersi di “Tosca? Tosca” che presenta il contesto, è decisamente adorabile. Così come ho apprezzato il personaggio Ulrico Dalmasso, capitano delle Guardie Reali e il suo far da cretino (ma parecchio) senza esserlo veramente (forse). Mi sono piaciute le tante incursioni nella storia dell’Opera, le molte chicche che Malvaldi dissemina qua e là. Anche gli artisti della compagnia sono delineati in modo coerente, con le loro manie e la loro voglia di protagonismo.

Ma diciamo anche cosa mi è piaciuto meno (visto che all’inizio vi ho assillato sul fatto che non sono rimasto soddisfatto al 100%). Non è facile e riconosco che per alcune cose si va nel gusto personale. Per esempio l’intreccio giallo: a livello logico perfetto, come sempre. Ma in questa opera sembrava avere un ruolo secondario, al servizio dei personaggi. Sì, il misfatto sempre serve per presentare i personaggi, per farli interagire fra loro e scoprire le loro personalità, quindi possiamo dire che l’intreccio giallo è sempre al servizio dei personaggi, ma in questo caso mi è sembrato più in secondo piano rispetto ai personaggi. Purtroppo non so spiegarmi meglio, non so indicare quali minuti dettagli mi danno questa sensazione, ma a me sembra così.

Altra sensazione (ma questa, lo riconosco, dipende anche dal periodo per me non particolarmente felice per la lettura) è dato dall’alto numero dei personaggi: 19 (contando quelli elencati dall’autore stesso), 20 se ci aggiungiamo Puccini stesso che, anche se non “fisicamente” presente ai fatti, è spesso citato lungo tutto il romanzo. Tanti personaggi aumentano la confusione. Marco è bravo a tenere le fila di tutti, ma forse avrebbe giovato di più, alla linearità di lettura, un minor numero di soggetti.

Insomma, non sempre può piacere tutto di un autore. Ma questo può essere un buon segno: magari l’autore sta sperimentando nuove tecniche, nuove possibilità, e ci sta che qualcosa non venga bene subito e possa non piacere a qualche lettore. Sicuramente non è per questo libro che smetterò di attendere con ansia le prossime opere di Marco (a proposito: a primavera esce un nuovo capitolo del BarLume). Ecco: Marco è molto prolifico, ed una mia paura è che ad un certo punto sopraggiunga lo stress o la fretta di finire un’opera. Ma siccome ho capito che è una persona molto intelligente, so anche che saprà fermarsi quando è il momento, per riprendere un po’ il fiato e tornare, dopo un po’ di riposo, a presentarci i suoi personaggi.

Buona lettura.

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