Eh sì, i classici attirano sempre. Solo che a volte si rischia di rimanerci un po’ fregati. Da tempo mi girava in testa un titolo di Stendhal: “la Certosa di Parma”, e trovarlo (insieme a “Il rosso e il nero”) in un volume a soli 9,90 Eur si è trasformato in una attrazione fatale. L’edizione è quella de “I Mammut” di Newton Compton Editori, e si avvale probabilmente di traduzioni un po’ vecchie e di materiale a cui è scaduto il copyright (almeno è quello che immagino).
Ecco, appunto, veniamo subito al dunque. Di per sé questa versione (traduzione) de Il rosso e il nero, non è un cattivo prodotto. Ma andava bene per mio nonno. Incrociando i dati sulla copertina e quelli di Wikipedia (vedi pagina Wikipedia dedicata al libro, sezione “principali traduzioni“) si tratta (sembra) di una traduzione del 1913, e i termini usati, i modi di raccontare e tanti piccoli dettagli confermano questa ipotesi.
Che, per carità, può anche essere una scelta editoriale: la volontà di dare quello stile che ricalca il periodo raccontato (in fondo si parla del 1830). Parlo per gusto personale: mi è sembrato un romanzo antico e, per certi versi, questa “antichità” gli ha dato una certa pesantezza. Ne ho letti altri di romanzi “antichi” e pesanti (Le affinità elettive, La montagna incantata, tanto per citarne alcuni) ma non ho mai avuto la sensazione provata con questa opera.
Non sto a raccontarvi la storia: potete ritrovarla su Wikipedia. Vi faccio solo un accenno: Julien Sorel, figlio di taglialegna, ha una certa attitudine per lo studio. Preso in giro dai familiari per la sua mania per i libri riceve la protezione e l’istruzione di un prelato locale e viene aiutato ad iniziare una carriera ecclesiastica (mentre lui sognerebbe la carriera militare a fianco di Napoleone, ormai esiliato). Messosi al servizio di un signore della cittadina, inizia una relazione amorosa con la moglie di quest’ultimo. Fugge e va a Parigi dove incontra i favori di un altro prelato che lo introduce nella casa di un nobile a cui Julien seduce la figlia. Tutto finisce in tragedia quando la prima amata, costretta da pessimi consiglieri, scrive una lettera per il nobile parigino accusando Julien delle peggio cose.
La storia (ripresa e romanzata a partire da un fatto realmente accaduto) è ben raccontata, il personaggio di Sorel è definito fin nei minimi dettagli, le relazioni con gli altri personaggi quasi si sentono vivere sulla propria pelle di lettore, e si respira anche un’aria ottocentesca. Ma (forse anche a causa di una minor disposizione d’animo da parte mia) il testo in uno stile arcaico e per certi tratti ampolloso mi ha frenato nella lettura, facendomi trascinare il romanzo per varie settimane (ma va anche detto che sono un bel numero di pagine).
Sinceramente ho deciso di attendere prima di affrontare “La certosa di Parma”: voglio prima rilassarmi un po’ con letture più leggere. Per ora lascio il volume sul comodino, in attesa di tempi migliori. Ah, per la cronaca, ho iniziato Il rosso e il nero a metà ottobre e l’ho finito a metà dicembre: anche il fatto di aver atteso così tanto prima di scrivere qualcosa è significativo della pesantezza che mi ha lasciato.
Buona lettura
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