Attenzione spoiler – se non avete ancora visto il film o letto il libro, beh, che aspettate a farlo? Dopo potete tornare qui senza rischio che io vi rovini il finale 🙂
Letto il libro, piaciuto, mi son detto: andiamo a vedere come Ridley Scott porta su pellicola un lavoro del genere. Che non è facile perché il libro si basa molto sul racconto che il sopravvissuto affida al diario virtuale presente nel suo laboratorio/casa. Può diventare un’impresa trasporre tante parole e procedimenti (anche matematici e chimici) su pellicola, dove l’immagine è il mezzo privilegiato di comunicazione. Ma Scott di solito è bravo in queste cose ed è riuscito a compensare alcune delusioni con alcune immagini e scene mozzafiato.
La storia, se non la conoscete, ve la riassumo così: Mark Watney è un biologo e astronauta in missione, insieme a dei compagni, su Marte: il loro compito è raccogliere campioni e fare ricerche e dovranno stare sul suolo marziano un bel po’ di giorni. Solo che una tempesta rovina i loro piani: raggiunge intensità tali da costringerli a fuggire. Durante l’evacuazione Mark viene sbattuto via da una antenna strappata dal vento (semplifichiamo…) e, disperso e creduto morto, lasciato indietro. Ma scopriremo che Mark è sopravvissuto e dovrà iniziare una lotta contro il tempo, la solitudine e Marte stesso per sopravvivere fino alla prossima missione marziana, da cui spera di esser salvato. Unico problema: tale missione arriverà fra 4 anni e quindi Mark è costretto a inventarsi vari espedienti per riuscire a resistere così tanto. In parole povere, un Robinson Crusoe senza Venerdì, perso in una terra ostile ma con strumenti altamente tecnologici.
Se volete approfondire, racconto qualcosa di più nel post dedicato al libro, letto qualche mese fa. Mentre adesso voglio giocare a “trova le differenze” fra il testo e la pellicola. No, non scappate: ne considero solo 3 o 4, non vado a spulciare ogni singola virgola del libro per vedere se Ridley Scott l’ha messa al punto giusto 🙂
Attenzione Spoiler: da qui in poi sono rivelati alcuni dettagli del film
Siamo sul finale: Mark viene pilotato, su un modulo spaziale, verso l’astronave madre, ma non è proprio vicinissimo… Allora propone di fare come Iron Man: bucando la tuta si darebbe la spinta necessaria per svolazzare come un palloncino verso i compagni. Nel libro rimane una battuta, nel film diventa realtà. Ma (almeno nel libro) sia Mark che gli altri sanno benissimo che non è possibile fare ciò che Mark propone, perché non avresti controllo sul getto e, soprattutto, rischi asfissia e congelamento in pochissimo tempo. Lo spiega bene anche Helter Skelter. In realtà spiega molte cose di fisica che non quadrano nel film (e nel libro sono più esatte). Leggetelo perché merita.
Nel libro la battuta da l’idea al capitano di aprire il varco nel portello anteriore per correggere la rotta di intercetto, ma né Mark né nessun altro sognano realmente di danneggiare una tuta (unico scudo che ti protegge dalla morte) per svolazzare come Iron Man. Mark sa benissimo che non può mettere a repentaglio la vita dei suoi colleghi per recuperare lui solo, e la battuta vuol essere anche un avviso “non mettetevi a rischio per me perché se lo fate io son pronto a sfondare la tuta e lasciarmi morire”. Se leggete il libro scoprirete che Mark ha già pronto un piano B (un sistema per suicidarsi) nel caso l’intercetto fallisse.
Ma l’utilizzo di getti d’aria non vi ricorda un’altro film? Tipo “Gravity“, con una Sandra Bullock che svolazza nello spazio sospinta da un estintore? Per fare queste cose ci vuole una precisione talmente alta che è impossibile realizzarle a mano. A terra hai un vantaggio: se sbagli ti frenano attrito e gravita, ma nello spazio un errore di un solo micron ti proietta verso l’infinito ed oltre (con una bombola di ossigeno, però, che durerà ancora poche ore).
Per la cronaca, anche Wall.e usa un estintore per librarsi nello spazio all’inseguimento della sua robottina, ma quello lo perdoniamo: è un cartoon 🙂 (e comunque Wall.e sarebbe stato sicuramente più bravo di un umano).
Come finisce nel libro? Che la persona addetta al recupero (e non è il capitano, come nel film) ce la fa per il rotto della cuffia, aiutata da un altro membro dell’equipaggio nella gestione del cavo di ancoraggio. E va a prendere Mark direttamente alla sedia (perché se lui si spostasse la navicella su cui è potrebbe mettersi a girare in modo strano impedendo il recupero). Caro Ridley Scott, questa cosa nel film l’hai semplificata un po’ troppo…
Altra nota: nel libro Mark, nella navicella, non ha tutti quei bei oggettini che gli svolazzano intorno (chiodi, viti, bulloni), mentre nel film si vedono benissimo. Forse Ridley voleva dare un maggior senso di instabilità al modulo, ma quel modulo, seppur smontato, deve essere resistentissimo visto che deve affrontare una bella accelerazione in partenza.
Più o meno allo stesso tempo della battuta di cui sopra, un astronauta si libra nell’aria, leggiadro e coraggioso. Si sta spostando lungo le fiancate dell’astronave per andare a fissare il famoso portellone da cui uscirà l’aria per la correzione di rotta. Solo che nel libro viene fatto un chiaro riferimento al cavo di ancoraggio, cosa che nel film non si vede (anzi: l’astronauta spicca anche un bel “salto”). Per i motivi detti sopra, è assolutamente vietato fluttuare senza ancoraggi.
Nel libro c’è quasi un trattato di chimica (mancano solo le formule): Mark spiega al diario virtuale cosa vuole fare (se qualcosa va storto, in futuro qualcuno potrebbe ritrovarlo e analizzare le sue mosse) e, in particolare, come estrarre l’acqua e immagazzinarla. E Ridley Scott ci risparmia tutto questo (in un film sarebbe pesante). Ma nella frenesia di semplificare tralascia due cose:
Quando la camera di decompressione si danneggia, esplode e crea un grosso buco nel laboratorio, Mark ripara il buco con quello che sembra un pezzo di nylon e del nastro adesivo. Nel libro si parla di quel telo e di quel nastro adesivo: sono fatti con tecniche speciali che gli garantiscono una certa resistenza. Ora, nessuno dice che il telo che Mark usa nel film sia del semplice nylon, ma assomiglia molto a quello che si trova al supermercato sotto casa… mentre il telo speciale è quello di cui è fatto anche tutto il laboratorio. Ok, questa la perdoniamo a Ridley, perché non abbiamo le prove effettive che sia un errore.
Nel film non si vede, ma nel libro Mark racconta al diario come ha “bruciato” la trasmittente ricavata dal pathfinder (la sonda inviata tempo prima su Marte e che Mark usa come ricetrasmittente di emergenza). E questo è un grosso guaio. Fortunatamente Mark sta per iniziare il viaggio verso l’altro modulo (quello che lo riporterà verso i colleghi) e su questo ci sono i moduli radio per comunicare con la terra. Ma per un certo periodo rimane senza comunicazioni, al buio.
Durante quel viaggio Mark ha anche un incidente. Niente di grave, ma perde del tempo e deve rimediare a piccoli danni: nel libro è raccontato mentre non si vede nel film.
Quel simpatico aggeggio che Mark disseppellisce per tenere al caldo il rover contiene isotopi radioattivi. Nel libro viene spiegato come funziona (è pericoloso solo se viene rotto il materiale di schermatura) e perché Mark non ha paura di tenerlo vicino. Sempre nel libro Mark costruisce anche un sistema (con raffreddamento ad acqua, se ricordo bene) per gestire meglio il calore emesso dall’aggeggio. Anche questo non si vede nel film.
E’ pur vero che il film sarebbe durato 4 ore se ci si metteva tutto il libro, ma a mio avviso i tagli son stati troppi. O meglio: si è provato a semplificare troppo.
Mi è piaciuto il film? Sì. Lo consiglierei? Sì, ma avvisando di un paio di “genialate” scenicamente ad effetto, ma tecnicamente implausibili (vedi Iron Man). Se mi chiedete se preferisco più il libro o il film vi rispondo il libro. Perché l’autore ha usato una “realisticità” che si è persa nel film. Certo: io, come molti, vado al cinema per rilassarmi e se qualcosa non quadra non ne faccio un dramma. Ma mi dispiace quando vedo che si vuole applicare una certa esattezza (ci sono pezzi del film che ricalcano abbastanza fedelmente il libro, anche nelle sue parti più tecniche) e ci si lascia poi prendere la mano con effetti speciali sicuramente belli ma decisamente improbabili (vedi Iron Man).
insomma, via, mi ritengo soddisfatto del film, anche se – se qualcuno è interessato – consiglio la lettura del libro.
Buona visione e buona lettura (o almeno una delle due)
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Ciao, solo per dirti che condivido in pieno tutte le tue considerazioni su film e libro. In realtà come saprai esiste una versione estesa del film (solo in inglese e non mi risulta che sia in 3D), che tuttavia aggiunge davvero poco. Va tenuto conto anche di tutto ciò che accade a terra, secondo me a livello di Apollo 13, quindi ottimo.
Aggiungo che secondo me il film ha sfruttato al massimo il tempo e il budget messo a disposizione. Ovvio che si sarebbe potuto fare meglio, ma anche io mi sono sentito soddisfatto e felice che si sia finalmente dato spazio alla vera scienza del futuro e non alla spiccia fantascienza da fumetto.
Grazie Diego.
No, non sapevo della versione estesa, se ti fa piacere inserisci pure qualche dettaglio qui (o un link a dove si possa scoprire di più).
Guarda basta cercare la versione “extended” del BluRay. Solo in 2D. In italiano non c’è.
Non ricordo quali siano le scene aggiunte, ho la memoria corta… Sul web sicuramente ci saranno i dettagli.
Questo film tra l’altro ha avuto diverse clip di preview. Ma non solo, nei contenuti aggiuntivi c’è una sorta di seguito… della vita dei protagonisti. Veramente unico!