L’uomo di Marte (Andy Weir)

Come successo altre volte, girovagando per siti che conosci, gestiti da gente di cui ti fidi, ti imbatti in una recensione di un libro… e la salivazione aumenta. No, non si tratta di un libro di cucina (di quello ne parlerò prossimamente), piuttosto certi generi letterari (fantascienza, thriller, giallo), così come certi autori (Calvino, Clancy, Dick, Malvaldi, Polidoro, solo per citarne alcuni in ordine puramente alfabetico), hanno lo stesso effetto dei campanelli che Pavlov suonava ai suoi cani per dimostrare i riflessi condizionati

Insomma, mi prendo l’ebook di cui sopra (per cercare di risparmiare un po’, sennò tutta questa “salivazione” rischia di disidratare il mio portafoglio) e me lo leggo in una settimana (ebbene sì, devo anche lavorare ed ho pure qualche accenno di vita sociale, cose che purtroppo mi distraggono dalla lettura 😉 ).

La cosa che mi ha colpito, quando ho letto la recensione, è che il romanzo tratta di una “avventura” fantascientifica ma tutta basata su condizioni realistiche. Per farla breve: quello che succede al protagonista del libro (Mark Watney), astronauta in missione su Marte, potrebbe accadere davvero. Sì, insomma, un astronauta preparato (come sono tutti) per una missione del genere potrebbe veramente sopravvivere, naufrago su un pianeta ostile, così come il protagonista racconta. Certo, essendo un romanzo, le situazioni sono tirate un po’ verso l’estremo e l’autore inanella, a seconda del caso, una serie di eventi fortuiti (o una serie di sfighe) per far proseguire la storia con più o meno tensione.

Ma andiamo per gradi: Mark fa parte di un equipaggio di sei astronauti che – dopo un viaggio interplanetario di svariati giorni – si stabiliscono su Marte per eseguire una serie di esperimenti volti alla colonizzazione del pianeta. Vari materiali spediti in precedenza con varie sonde garantiscono la loro sopravvivenza, così come un modulo di rientro è pronto (già da prima che loro arrivassero) per riportare la truppa sull’astronave e tornare verso Terra.

Succede un incidente a Mark: durante una tempesta (di sabbia, non le piogge torrenziali terresti, ovviamente) la cui forza va oltre i limiti di sicurezza previsti, lui e i suoi compagni si precipitano verso il modulo di rientro procedendo un po’ a tentoni. Mark viene colpito da una delle antenne radio, ferito e trascinato via. I compagni, credendolo morto (sensori biomedici della tua azzerati, corpo che non si trova, tuta sicuramente rotta, condizioni estreme… ) e obbligati a seguire le procedure di sicurezza (altrimenti sarebbero morti anche loro su quel pianeta) filano via.

Grazie ad un assurdo caso della fortuna, Mark rimane in vita ed inizia ad affidare la sua sopravvivenza al suo addestramento e i suoi esperimenti al “diario-libro” che noi leggiamo. Tutti gli astronauti selezionati per Marte hanno due lauree: la principale, relativa al loro ambito di studi, e la secondaria, di backup, per sostituire le competenze di un eventuale membro che non ce la facesse (backup). Per sua fortuna, quindi, il superstite ha competenze di botanica e di ingegneria. Sul pianeta rosso doveva proprio studiare la possibilità di coltivare piante, grazie ad un po’ di terreno portato direttamente dalla terra e una piccola riserva di acqua, introvabile in loco. Ha le competenze per “creare” del cibo (perché le scorte, prima o poi finiranno) e per riparare gli oggetti che potrebbero guastarsi. Ma ci sono due problemi di base: il primo è che la tempesta ha distrutto tutte le antenne radio, col risultato che Mark non può dialogare con Terra. Il secondo è che il viaggio per arrivare su Marte dura mesi (e l’unica astronave che potrebbe arrivarci è al momento usata dai compagni di Mark per tornare sulla Terra): prima della prossima missione marziana Mark (fra qualche anno) non ha nessuna possibilità di tornare indietro. A meno che… (e qui, se siete incuriositi, dovrete leggere il libro).

Vi risparmio tutte le parti tecniche, le varie spiegazioni che Mark affida al diario dove racconta come ha modificato i mezzi e gli strumenti per recuperare maggiore acqua o per creare del terreno coltivabile. Vi avviso anche che c’è un bel po’ di aritmetica: calcolo delle calorie, razionamenti del cibo, calcolo delle riserve di acqua necessarie per i mesi di permanenza… Tutto scientificamente coerente. O meglio: così mi dicono i vari recensori che mi hanno invogliato a comprare il libro (uno su tutti, Keplero).

Come lettura, forse, non è molto rilassante: parti tecniche (chimica di base e – come dicevo prima – matematica) e digressioni meccaniche lo rendono una lettura in certi momenti difficile a chi non è appassionato di questioni tecniche. Ma, dal lato suo, è anche un ottimo strumento per spiegare,a  chi è curioso, come vive un astronauta, come funzionano le missioni spaziali, e tutta la tecnica che ci sta dietro. Le spiegazioni, seppur dettagliate, alla fine non sono troppo complesse: Mark semplifica molto, pur mantenendo una coerenza scientifica, quando affida al diario i suoi racconti.

L’autore poteva dare al libro due tagli: il tecnico (come sopravvivere) o l’intimistico (la riflessione sulla vita, perché sopravvivere e perché continuare a sperare oltre ogni singolo evento contrario). Ha scelto il primo, lasciando al libro una certa leggerezza (se non si pensa ai dettagli tecnici). Va bene così, non poteva trattarli tutti e due allo stesso livello. Mark manca di un po’ di spessore psicologico, ma in un romanzo del genere è forse meglio così.

Pregi e difetti? Il pregio maggiore è che ti avvince: il lettore si trova a lottare con Mark e con la squadra terrestre che cercherà di salvarlo. E’ il messaggio che si trova nell’ultima pagina del libro: una specie di morale che Mark declama a sé stesso e a noi lettori. Un difetto? Ecco: la chiusura è un po’ banale. E in alcuni punti ho trovato un po’ di pesantezza (quando Mark parte per il viaggio “finale” è costretto a fare per giorni le stesse operazioni e questo spezza un po’ la tensione creata; si poteva forse trovare un espediente narrativo diverso…). Per il resto è molto avvincente, si fa leggere bene e ti coinvolge.

Un difetto “fisico” l’ho trovato nell’edizione elettronica (l’ho letto col software kindle di Amazon su un tablet Windows 8.1 RT): se in un capitolo ci sono passaggi diversi (si parla di Mark e poi si inizia a parlare della squadra di Terra) di solito si lascia un piccolo spazio fra i paragrafi per evidenziare lo stacco fra due episodi che, pur parte dello stesso racconto, riportano fatti diversi. Ecco, questo nel formato elettronico non succede, col risultato che il lettore pensa si stia parlando di una cosa ma il racconto si concentra su un’altra. In 5 o 6 punti mi sono accorto di questo cambiamento dopo 2 o 3 righe, costringendomi a ripetere la lettura (c’era qualcosa che non quadrava, ma prima di 2-3 righe non riuscivo ad identificare cosa).

Libro adatto, secondo me, a partire dai 16 anni (sono i troppi dettagli tecnici a farmi sconsigliare la lettura ai più piccoli) e che incoraggia l’esplorazione spaziale. Sono convinto che gli appassionati se lo leggono in una nottata… Il prezzo su Amazon: 4,99 eur in formato kindle; 8,49 eur cartaceo.

Buona lettura! E buon viaggio su Marte.

Ops, quasi dimenticavo: sembra che Ridley Scott stia lavorando ad un film basato su questo romanzo 🙂

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