Riesce un giallo a farti ridere dalla prima pagina? Questo sì, decisamente. Malvaldi è un maestro: riesce a miscelare il giallo più puro con il sarcasmo e l’ironia toscani ottenendo un risultato appassionante, leggero e godereccio.
Non mi soffermo sulla trama: i soliti 4 vecchietti, con la loro mania del pettegolezzo e di farsi gli affari degli altri, aiutano Alice (il commissario) a risolvere un nuovo caso di omicidio. Tutto parte, proprio, dalle bocche dei vecchietti che sospettano (e diffondono la voce in paese) che un certo marito abbia ucciso la propria moglie e l’abbia gettata nel torrente o chissà dove… Insomma: pettegolezzi e voci che si rincorrono fino a far sospettare il commissario che i 4 arzilli pensionati abbiano ragione. Ma ad un certo punto, però, ci scappa un altro morto, niente meno che il famoso sensitivo che riusciva ad azzeccare le previsioni e tutto quello che si può indovinare di una persona (peccato non sia riuscito ad indovinare che qualcuno stava per ucciderlo). Saranno collegati questi due casi? C’entra qualcosa il fatto che l’indovino avesse dato una indicazione abbastanza precisa di dove si trovasse la persona presunta assassinata? Ma soprattutto, grazie a quali misteriosi poteri l’indovino indovinava l’indovinabile?
Come dicevo sopra, si tratta del giallo più puro, alla Agatha Christie (come detto altre volte): una serie di ragionamenti logici che Alice e Massimo (il barrista-badante dei vecchietti) mettono in fila in modo ordinato arrivando alla soluzione del caso.
Verrebbe da pensare, però, che questi gialli rischino di essere tutti uguali (in fondo, anche se i modi per uccidere una persona sono molti, i moventi sono sempre gli stessi 3 o 4): Malvaldi riesce invece a presentare sempre qualcosa di nuovo, costruendo intrecci che non annoiano, che non danno l’impressione del “questa l’ho già sentita”.
Stavolta l’autore approfitta, inoltre, del romanzo per parlare della toscanità. Forse ormai consapevole della fama nazionale, prova a spiegare una parte tutta peculiare della nostra personalità che è la “presa per il culo”. Come dice Marco nel capitolo 10, prendere per il culo (manteniamo il toscanismo e non volgarizziamo in “presa in giro”, che perderebbe di significato) una persona è “una dimostrazione di affetto e, insieme, un palese riconoscimento alla sua intelligenza e alle sue capacità sociali“. Il perché ve lo lascio leggere nel romanzo.
Questo mi fa pensare che Malvaldi sia maturato nella presentazione dei personaggi e delle loro tipicità. E’ un po’ difficile da spiegare, ma ho la sensazione che abbiano un respiro più ampio (geograficamente) pur mantenendo le peculiarità locali. Si tratta di una impressione, ma – per esempio – mentre i primi romanzi erano più gustabili dai compaesani (tutti potevano capirli, ma solo i toscani potevano accorgersi di alcune sfumature) in questo romanzo le sfumature sembrano più vicine alla cultura nazionale.
Come accadde anni fa ad un noto comico toscano. All’epoca lavoravo a Milano e convivevo con colleghi toscani e non. Alle prime uscite del comico sulle reti nazionali noi toscani ridevamo di gusto mentre gli altri sorridevano appena, ma con l’andare del tempo il comico riuscì a catturare anche i non toscani cambiando poche piccole sfumature nelle sue battute ma mantenendo al tempo stesso il sarcasmo tutto tipico toscano. Mi sembra la stessa cosa stia succedendo ai romanzi di Marco.
Un’altra impressione: i vecchietti inizialmente dovevano essere, per quello che ho capito, delle “spalle” di Massimo. Comprimari, sì, ma in secondo piano: dovevano stuzzicare il barrista, dargli la battuta, fornirgli la scintilla per l’idea risolutiva. In questo romanzo (ma anche nel precedente racconto delle raccolte Sellerio) inizia ad esserci una certa rivoluzione delle parti che ha visto Massimo cedere un po’ di protagonismo agli anziani “aiutanti”. Speriamo che non si montino la testa, perché mi sembra che abbiano raggiunto un giusto equilibrio.
Se ancora non avete letto niente di Malvaldi, vi consiglio di iniziare dal primo della serie dei vecchietti (La briscola in cinque) oppure romanzi non legati ai vecchietti (Odore di chiuso, con protagonista l’Artusi, oppure Argento vivo). O, ancora, con le varie raccolte “in giallo” di sellerio (dove i racconti di Malvaldi fanno comunque riferimento al Bar Lume col suo barrista Massino e i 4 vecchietti). Infine, visto che il Natale si avvicina, questo giallo (o altri dello stesso autore) possono essere un buon regalo.
Buona lettura.
Questo blog si serve di cookie tecnici per l'erogazione dei servizi e ospita cookie di profilazione di terze parti, utilizzati per la personalizzazione degli annunci pubblicitari. Se vuoi saperne di più a riguardo, compreso come cancellarli e/o bloccarli, accedi alla pagina Cookie Policy per visionare l'informativa completa, altrimenti clicca su "OK" per accettarli esplicitamente. Se prosegui nella navigazione sul sito acconsenti tacitamente al loro uso. Maggiori info
Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.
[…] Ora, dovendo esser sincero, sì, ritrovo alcune spigolosità toscane nei brani di Malaparte, ma il toscano di oggi lo vedo un po’ diverso. Sempre pronto alla battuta, sempre cinico, ha capito che la faziosità non rende (è sempre pronto a difendere le sue origini e le sue idee, ma in modo più costruttivo rispetto al passato). Sempre pronto a canzonare, lo fa più per affetto che per dileggio: riprendo un frammento da un libro di Malvaldi, in cui i vecchietti del Bar Lume spiegano cosa è veramente la “presa per il culo”. Dicevo in questo post: […]