Le meraviglie del duemila (Emilio Salgari)

I giorni nostri visti con gli occhi di persone del 1900

Le meraviglie del duemila è un romanzo “minore”, meno conosciuto, di Salgari; all’epoca della pubblicazione non ricevette molto successo e fu anche un po’ snobbato dal mondo letterario (come, purtroppo, succedeva spesso all’autore). Nella prefazione di questa edizione dell’editore Transeuropa, prefazione a cura di Ernesto Ferrero, vengono spiegate anche alcune vicissitudini legate al romanzo, all’editore dell’epoca e alla vita stessa dell’autore, pessimo manager, purtroppo, di sé stesso.

Ma tralasciamo questi elementi ed entriamo nel romanzo: Toby Holker, medico e scienziato di Nuova York del 1903 fa una scoperta eccezionale. E’ riuscito a comprendere i segreti di una particolare pianta egiziana che, appena innaffiata con una goccia d’acqua, sembra resuscitare e svegliarsi da un sonno durato anche centinaia di anni. Dopo aver provato con dei conigli, decide di sperimentare l’effetto del siero ricavato dalla pianta su di sé, e convince l’amico James Brandok a lasciarsi addormentare anche lui. L’idea è di risvegliarsi fra 100 anni, in pieno nuovo millennio, per vedere quali meravigliose scoperte sono state fatte.

Tralasciamo la parte tecnica (il rifugio che si sono costruiti, le disposizioni per il risveglio, i beni convertiti in oro) e voliamo direttamente al momento in cui un erede di Holker procede al risveglio. Tutto va per il meglio ed i due “addormentati” si ritrovano nel 2003 e subito sono meravigliati da un mondo estremamente cambiato. Notizie che arrivano attraverso un tubo (in abbonamento) direttamente a letto; colazione pranzo e cena direttamente serviti, dal ristorante, a mezzo trenino, in casa; macchine volanti. Tutto alimentato dall’elettricità, a buon mercato e abbondante.

Un mondo sorprendente, dove le machine – seppur comandate dagli uomini – la fanno da padrona e dove l’elettricità investe ogni cosa. Ed è proprio questo il primo problema dei due “risvegliati”: sembra che il loro corpo non riesca ad adattarsi a tutta l’elettricità che c’è nell’aria. Ogni volta che si avvicinano ad una fonte di elettricità o ad una macchinario elettronico, infatti, sono presi da convulsioni e tremiti.

L’erede di Toby, che ospita i due risvegliati a casa sua, propone loro un viaggio per mostrare le più grandi meraviglie del duemila. Con una macchina volante li porta a vedere le cascate del Niagara, su cui sono state costruite svariate centrali idroelettriche che servono tutto il nord America. E poi proseguono il viaggio, con svariati mezzi, fino al Polo Nord per ridiscendere in Europa.

Quello che vedono Toby e James li lascia senza fiato. Ma oltre alle meraviglie tecnologiche scoprono una civiltà profondamente cambiata: la popolazione è molto aumentata ed i soggetti pericolosi sono relegati ai margini della società, obbligati in ambienti ben definiti. Così gli anarchici sono stati deportati al polo, dove il freddo stempera il loro carattere focoso, mentre le prigioni sono diventate città sottomarine autogestite. I galeotti non pesano più sulla società e stano buoni alla minaccia che, al primo sgarro, la città verrà affondata.

Ai due uomini del 1900 questo sistema sembra disumano ma le persone del 2000 lo trovano molto pratico e funzionale. Tanto che, dicono, delinquenza e terrorismo sono ormai debellati.

Lo stupore delle varie scoperte lascia spazio, negli ultimi capitoli, ad una avventura puramente salgariana, coi nostri eroi che si ritrovano, naufragati, prima nel mar dei sargassi, e quindi a Tenerife, diventata rifugio di tutte le belve feroci (i vari governi le avevano spostate là prima che le specie si estinguessero). Se nei primi capitoli Emilio ci narra le scoperte scientifiche con grande stupore e magniloquenza di parole (tanto che a tratti il romanzo sembra un abbozzo di manifesto futurista), nei capitoli finali si lascia trasportare alla narrazione a lui più congeniale, con catastrofi naturali, personaggi che sono sballottati, dalla natura, in situazioni di quasi morte, salvataggi epici.

Il romanzo, di per sé, non è male, anche se nella parte centrale è un po’ piatto: il viaggio intrapreso alla scoperta delle varie invenzioni è monotono in quanto non ci sono dettagli tecnici che possano far appassionare e si rimanda tutto ad un sentimento di stupefazione in confronto alla macchina di turno.

Più interessante e più ricca la prima parte, quando i nostri eroi decidono di addormentarsi. Ed interessante anche la parte finale, sia per l’avventura (nonostante tutte le macchine possenti e incredibili, i nostri eroi non riescono a scampare alla furia degli elementi), sia per il finale dei due personaggi del passato che, a causa della corrente elettrica, impazziscono. Proprio nelle ultime righe si trova, se vogliamo, un “messaggio” di Salgari ai lettori. L’erede di Toby dice, infatti: “io ora mi domando se aumentando la tensione elettrica, l’umanità intera, in un tempo più o meno lontano, non finirà per impazzire”.

Un’anticipazione di questo messaggio la si era avuta anche ad inizio della seconda parte, quando i due risvegliati trovano una società molto più frenetica della loro: gente che corre di continuo, che si adopera con frenesia. Ok: tutto è diventato più veloce, ma la frenesia insita nell’uomo è forse dovuta alla tensione elettrica che riveste ogni cosa, ed è il prezzo da pagare per tutte le comodità di questo nuovo mondo.

Ma forse Emilio vuol metterci in guardia da una cosa, o meglio da due. La prima riguarda la scienza: nonostante tutti i progressi che potrà fare non riuscirà mai a soverchiare la natura. E la seconda riguarda la vita degli uomini: è forse una paura di Salgari verso il progresso o verso alcune sue componenti, la paura che le continue scoperte portino l’umanità sull’orlo della pazzia.

Comunque, il romanzo si legge bene, anche velocemente. Non è il massimo dell’avventura (se paragonato a Sandokan o al Corsaro Nero), ma scorre in modo abbastanza avvincente. Per quanto riguarda le scoperte della scienza del 2000 in certo casi Salgari ha peccato un po’ di ottimismo, per certi altri ci è andato molto vicino, in altri ancora si è tenuto basso (le velocità stratosferiche delle macchine da lui pensate arrivano appena a 130 km orari…). Sicuramente un romanzo da leggere, magari anche sotto l’ombrellone. Non avvincente come altri, ma che, comunque, merita.

Buona lettura.

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