Dizionario delle cose perdute (Francesco Guccini)

post leggero per libro leggero… Ecco: i precedenti post vertevano tutti su libri che io non trovavo consoni da portare sotto l’ombrellone. Ma questo di Guccini si adatta ottimamente alla vacanza, alla compagnia ed al clima rilassato. Francesco, sulla scia di tante trasmissioni e libri che ultimamente ci riportano al passato, ci ricorda alcuni tratti della sua infanzia e giovinezza attraverso vari oggetti della sua vita: dal primo telefono in bachelite, alla ghiacciaia, alla Topolino (l’auto), dedicando un corposo capitolo ai giochi dell’infanzia. Lo fa, ovviamente, con la sua solita ironia. Nel leggere i testi sembra quasi di sentirlo raccontare delle storie, con la sua vociona, in mezzo ad un gruppo di amici, in un clima da osteria, con un bicchiere di vino in mano. C’è poco da dire sulle storie (i vari capitoli). Cioè, se ve li dovessi raccontare farei un post lungo lungo, ma credo sia inutile e non riuscirei a rendere giustizia alla loro freschezza. Unico punto in comune a tutti i racconti è una vena di nostalgia, trattata però con ironia. Non che Guccini affermi che “si stava meglio quando si stava peggio”, ma – vuoi perché era giovane, vuoi perché le cose erano diverse – ricorda con molto affetto quei tempi. Alcune cose, direttamente o indirettamente, le ho vissute anche io. Nato agli inizi degli anni ’70, in campagna (dove le cose arrivavano in ritardo rispetto alla città), mi ritengo della generazione a cavallo fra quello che racconta Guccini e la generazione della tv. Amici […]

Il torto del soldato (Erri de Luca)

Doppia storia: intreccio fra passato e presente, fra l’autore e una donna, fra un padre e la figlia. Ancora una volta Erri de Luca ci racconta un frammento della sua vita. O almeno usa una parte della sua storia per introdurne un’altra (non sappiamo se vera o inventata, ma sicuramente realistica). L’editore chiede a Erri la traduzione di alcune opere in Yiddish, lingua che l’autore ha studiato da autodidatta e conosce bene. E quindi troviamo un de Luca che si porta dietro un pacco di fogli mentre si gode una vacanza in montagna. E nel rileggere i testi torna con la memoria a ciò che vide in passato, quando visitò i campi di sterminio. Siamo presso un rifugio montano: una sosta dopo una lunga camminata prima di rientrare al luogo di riposo. Erri si siede ad un tavolo e, dopo aver ordinato, tira fuori i suoi fogli e si mette a studiarli. Al tavolo accanto una donna che viaggia col padre, un padre che si porta da troppo tempo un segreto sulle spalle. Il vecchio era un militare di Hitler, non sappiamo se un ufficiale o un soldato semplice. Dalla fine della guerra si sente braccato, ha visto catturare i commilitoni, ad uno ad uno, e si guarda continuamente le spalle per non fare la stessa fine. E’ una parola che scatena il tutto, una parola appena affiorata sulle labbra di Erri, ma che il vecchio capisce bene, e scatena in lui la fuga. Fino all’incidente. Quale incidente? Dovrete leggere […]

Io sono un gatto (Natsume Soseki)

“Lo vedi? Quanto è diversa la gente d’oggi da quella di un tempo! Una volta si obbediva ciecamente a qualsiasi ordine venuto dall’alto. Poi si è arrivati a un epoca in cui neanche le massime autorità hanno più potuto imporre la propria volontà” (capitolo 11) Essere un gatto può sembrare facile: mangi, dormi, giochi… Ma per il protagonista di questo romanzo non lo è stato molto. Intendiamoci, nessuna storia strappalacrime a lieto fine (ricordate – i meno giovani – il gattino della pubblicità della Barilla?), bensì una spietata cronaca del Giappone di inizi 1900 vista dagli occhi di un gatto. Non ha un nome il protagonista. In cerca di cibo, ancora piccolissimo, viene catturato e portato via, probabilmente da una persona in bici. Ma, forse per un incidente, forse per un dispetto del guidatore di bici, il gatto si ritrova sbalzato a terra. Smarrito e affamato vede una casa e decide di provare ad entrarci: non ci trova l’affetto che di solito è usuale riservare ai gatti, diciamo piuttosto che il padrone di casa è quasi indifferente alla sua presenza e finché non da noia lo sopporta. Così il nostro gatto si ritrova in una famiglia dove più che accettato è sopportato. Ma un po’ di cibo lo riceve, un posto dove accucciarsi lo ha, ed ha la possibilità di studiare il comportamento umano: la casa, infatti, è di un professore di liceo (insegna inglese ai suoi studenti). Insieme a lui vivono la moglie e tre figlie piccole più una […]

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