“Non si può ricevere la serenità da qualcun altro, e non la si può comprare né ottenere solo chiedendola, neppure se implori! La serenità è uno stato d’animo. Qualcosa che ciascuno deve imparare a trovare da sé – spiegò Doc deciso.” (cap. 4)
Eh… perché questo post sia completo devo raccontarvi – prima di tutto – qualcosa di me.
Il 2011 non è stata una buona annata ma, col senno di poi, posso dire che si è trattato di un anno, in realtà, né peggiore né migliore degli altri. Ero io che lo avevo preso male. Sono quelle situazioni in cui ti poni dei problemi… fai un esame della tua vita e non ti senti per niente soddisfatto. In realtà, a pensarci ora, non c’era niente di particolarmente grave (i soliti problemi che tutte le persone, più o meno, affrontano ogni giorno). Però mi sentivo insoddisfatto, un po’ incavolato, sempre nervoso… un “filino” di depressione caratterizzava le mie giornate. Chi mi conosce bene se ne era accorto (e devo ringraziare tutti gli amici che mi sono stati, comunque, vicini). Ero di umore un po’ più cupo e musone, avevo poca voglia di uscire e zero di impegnarmi in qualcosa. Quello che facevo, in pratica, lo facevo per forza di inerzia.
Direte: cosa c’entra il libro? Bè, me lo ha regalato una carissima amica, Beatrice, proprio perché si era accorta di questa cosa. In verità avevo già iniziato a rendermi conto da solo che la situazione era assurda e che dovevo darmi una smossa: il regalo è arrivato proprio nel momento in cui avevo deciso di sbloccare la situazione. E’ stato un qualcosa in più che, anche se non mi ha aiutato direttamente, mi ha confermato che avevo imboccato la strada giusta.
Ma iniziamo a parlare del libro. Ve lo dico subito: io ho qualche pregiudizio su questo genere di libri, che sembrano voler essere una scuola di vita. Il difetto che vedo in loro è che – ovviamente – non possono calarsi nella realtà di ogni singolo lettore e rimangono, per certi versi, un aiuto solo a metà. Certo: meglio mezzo aiuto che niente, ma non possono essere, secondo in me, completi. Dopo aver completato questo libro, però, una parte dei pregiudizi sta cadendo.
Il libro, per farla breve, è un cammino per ritrovare la serenità e ritornare ad affrontare i problemi nella giusta ottica. I consigli di vita (le “regole”, come sono chiamate nel libro) sono distribuiti da un saggio gufo ad un cavaliere uccisore di draghi che è convinto che la vita gli si sia rivoltata contro. Seguendo un certo percorso (una metafora dei passi da compiere per riacquistare un modo di pensare più “lineare”) il cavaliere Duke scopre che quelli che sembravano problemi insormontabili sono in realtà gestibili, ma solo se li si vedono nella giusta prospettiva.
Per fare un esempio: Duke voleva che il figlio diventasse cavaliere come lui. Ma il giovane rifiuta in tutti i modi la cosa, e per Duke questo è uno smacco tremendo. Inizia a dare la colpa al figlio di volergli rovinare la vita e della “pesantezza” del cuore che prova (altra metafora che indica i pensieri “contorti” che a volte ci bloccano). Grazie al cammino intrapreso, Duke si accorge che la sua vita non è rovinata dal figlio ma dalla carriera che lui vuole imporgli. I vari “insegnanti” che incontra lungo la strada gli insegnano a pensare che non è una tragedia se il figlio non vuol fare il cavaliere. Alla fine Duke capisce che l’importante è la realizzazione del figlio: anche se tuttora desidera vederlo cavaliere, non considera un problema una scelta diversa.
In fondo, qual è lo scopo di questa “favola” moderna? Aiutarci a rimettere nella giusta ottica i problemi che sembrano rovinarci la vita, ed insegnarci che spesso la pesantezza del cuore dipende da noi: una volta che si è imparato a ridimensionare i problemi, a riportarli a quello che veramente sono, si riesce ad affrontarli – e superarli – con maggior tranquillità e serenità.
Il cammino che fa Duke lo possiamo fare anche tutti noi. Però non va fatto da soli ma va trovato un amico che possa darci una mano, anche semplicemente standoci vicini. E’ quello che dicevo sopra: l’aiuto a metà. Il libro da solo può aiutarti a fare dei passi ma hai bisogno anche di qualcuno in carne ed ossa con cui confrontarti. Come Duke trova varie guide lungo il cammino, guide che diventano anche amici, anche noi abbiamo bisogno di qualcuno a cui appoggiarci nei momenti più difficili. E’ vero – come accade a Duke – che le sfide più difficili (un drago particolarmente tenace, metafora di tutte le paure del nostro animo) si devono affrontare da soli, e non può l’amico battersi per noi, ma sapere di avere un amico a fianco è di grande aiuto.
Ora, fortunatamente, come detto sopra, io non ero nella situazione di Duke. Ho potuto leggere, quindi, il libro con un po’ di distacco, anche se mi sono compiaciuto quando, in particolare, ho trovato delle conferme a decisioni che stavo prendendo. E, come accennavo, alcuni pregiudizi mi sono caduti. Ho capito, per esempio, che il libro non è la soluzione ai “miei” mali (e soprattutto non vuol proporsi come tale) ma solo un cammino per aiutare a incamminarsi verso la scoperta che la soluzione dipende dai miei pensieri e da come li formulo. Sono però ancora convinto che il libro da solo serva a poco: è necessaria una certa disposizione d’animo e qualcuno con cui confrontarsi. Se la disposizione d’animo non c’è il libro potrebbe addirittura peggiorare la situazione (o meglio, non è il libro in sé a peggiorare le cose, ma lo stato d’animo con cui viene preso dalla persona che lo legge).
Volete regalare il libro ad un amico che sta affrontando un momento di difficoltà? Certo, è una buona idea, ma cercate di capire prima se l’amico a cui volete regalarlo ha lasciato un minimo di apertura mentale. Se si è completamente chiuso in sé stesso è difficile che accetti i suggerimenti del libro (anche se – riflettendoci – riuscirebbe a capire che gli fanno bene).
Io non ho preso il libro come la “legge assoluta” del vivere sereno (e, ripeto, l’autrice non vuole insegnarci nessuna legge assoluta), ma ho accolto quelle che l’autrice chiama “leggi” come consigli e li ritengo validi. Via… devo dirlo… in qualche caso queste leggi sono troppo “frasi fatte”, già sentite tante volte. Ma non sono bischerate.
Che altro dire? Grazie, innanzi tutto, a Beatrice che, anche con questo regalo, mi è stata vicina. E buona lettura a tutti.
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