Mr Lars sognatore d’armi (Philip K. Dick)

In un mondo in cui le armi sono oggetto di design e moda (e non interessa come funzionano) cosa succederebbe se subissimo una invasione aliena?

Geniale e surreale: geniale come altri romanzi di Dick, ma più surreale. Siamo nel primo decennio del 2000, con “razzi di linea” che permettono di coprire la distanza Parigi-New York in meno di un’ora, con giornali “omeostatici” che ricordano tanto i giornali animati di Harry Potter, con auto volanti guidate da automi e tante meraviglie tecnologiche.

Eppure abbiamo ancora la contrapposizione dei due blocchi: Pop-Ori (popolo orientale: ex URSS + Cina ed Asia) e Bloc-Occ (blocco occidentale: Usa + Europa). Ed ogni blocco, per propinare al proprio popolo una certa supremazia contro l’altro blocco, propone armi sempre più spettacolari. Armi che servono, in fin dei conti, a mantenere un equilibrio (come è successo veramente con la guerra fredda e la proliferazione atomica). Ma, in realtà, l’oligarchia (militare) che governa i due blocchi si è messa d’accordo e le nuove armi sono solo trovate pubblicitarie per mantenere calmi i “purioti” (puri ma idioti), il popolo minuto, che deve continuare a credere nella contrapposizione e nel fatto che il proprio blocco sia prevalente sull’altro.

Dove nascono queste armi? In entrambi i blocchi un medium entra in trance e – quando si sveglia – si trova con un progetto di una nuova arma. Progetto che viene subito verificato dalla ditta costruttrice: ma si tratta di armi che per lo più non funzionano e che vengono propagandate attraverso filmati che oserei definire pubblicitari: “noi siamo i più forti, noi abbiamo la tal arma che ci consente di distruggere il nemico, ed il nemico deve aver paura di noi…”.

Mr Lars è il “sognatore” di armi (“alla moda”, come vengono definite dai capi militari) del Bloc-Occ. Lui lo sa che ogni giorno le armi che sogna sono un imbroglio (e scoprirà anche che in realtà lui “cattura” questa armi dalla mente malata di un disegnatore di fumetti), ma i superiori gli fanno capire che è un imbroglio necessario a tener calma la gente comune.

Però un giorno i terrestri vedono arrivare in orbita un nuovo satellite. I capi di Bloc-Occ e Pop-Ori si consultano: nessuno di loro ha inviato il satellite e non sanno capire a cosa serva. Quando i nuovi satelliti diventano 4 e la città di New Orleans scompare dentro una nube gelatinosa le cose iniziano a precipitare: si capisce che una razza aliena sta attaccando la terra (ma non si sa chi sono e cosa vogliono) e allora i due blocchi decidono di fare uno sforzo congiunto: i loro disegnatori di Armi lavoreranno insieme. Mr Lars ha così la possibilità di conoscere Lilo Topchev, la sognatrice di armi Pop-Ori: una ragazza poco più che diciottenne, dal carattere ancora acerbo. Se già prima di allora Lilo era una ossessione per Lars, adesso diventa l’oggetto del suo amore.

Purtroppo anche gli sforzi congiunti nel costruire un’arma efficace contro gli alieni falliscono, ma i due sognatori capiscono che le armi, in realtà, non le avevamo mai create loro quanto le avevano “rubate”, nei loro stati di tranche, dalla mente disturbata di un disegnatore di un fumetto di second’ordine. Insomma, capiscono ancora una volta che tutto quello che hanno fatto è inutile.

L’ultima speranza viene da un vecchio veterano di guerra che gironzola per Washington: lui ricorda bene la guerra contro gli alieni, ma il problema è che questa ancora non è iniziata. Il vecchio mostra una medaglia al valore datata 2005, ma il 2005 è, per il racconto, nel futuro… Il vecchio viene direttamente dal futuro per aiutare contro gli alieni. Ma la sua mente è offuscata dagli anni e solo con un tentativo di lettura dei ricordi fatto in stato di tranche da Lars è possibile ricostruire la vicenda, capire chi è veramente l’uomo e produrre l’arma definitiva (sperando che funzioni).

Dick ha giocato più volte col futuro, con gli alieni, con la coscienza umana, ma in questo romanzo aggiunge una dose di surreale che non avevo trovato in altri suoi romanzi. C’è una certa presa in giro delle istituzioni, delle persone che pensano di sapere tutto (Sorcey O. Fosse è un personaggio “secondario” rispetto alla trama, ma rivela l’ottusità di parte dell’umanità che pretende di sapere tutto). Tematica ricorrente dei romanzi dickiani è il controllo della società da parte di una oligarchia al potere: come in questo romanzo dove il consiglio direttivo che prende le decisioni è composto da pochi uomini (in parte militari, in parte persone economicamente potenti) che controllano, instillando terrore verso l’altro blocco e vantando armi potenti per rispondere ai loro attacchi, la massa delle persone comuni.

Ma questa volta Dick scava un po’ più nella psiche umana: i sensi di colpa di Lars nel prendere in giro il popolo, i consiglio del Buon Vecchio Orville (una specie di oracolo meccanico che riesce a dare tutte le risposte) scrutano dentro l’uomo-Lars. Ed il romanzo, alla fine, si gioca tutto sull’empatia, tanto è che l’arma stessa usata per sconfiggere gli alieni, è un gioco capace di far provare empatia, anzi “amorevolezza” verso una creatura rinchiusa in un labirinto. Il succo, forse, è proprio qui: l’uomo nel labirinto (questo dovrebbe essere il titolo del gioco) non rappresenta forse ogni persona che, nella sua vita, cerca di passare gli ostacoli, di liberarsi delle mura che lo circondano per guadagnare una libertà che non conosce? E non abbiamo forse paura di questa libertà tanto che, come ha fatto Lars, all’ultimo momento ci precludiamo una via di fuga aperta? Forse perché ci accorgiamo che, una volta fuori dal labirinto il gioco si chiude, e non sappiamo cosa ci aspetta oltre l’ultima parete: cosa fare dopo che siamo usciti? Meglio, quindi, continuare a battere la testa nelle pareti, a farsi male, ma avendo qualcosa di solido, di sicuro, su cui poggiare.

Oddio, io personalmente non mi sento di condividere le elucubrazioni mentali di Dick: nella metafora del labirinto (e nella paura di uscire) vedo molto dell’autore – è un qualcosa che si rivela, in modo più o meno esplicito, anche in tanti altri suoi racconti – ma io non mi sento di subire la sorte dell’uomo imprigionato dalle sue paure. E’ vero che tutti noi ne abbiamo, ma il nostro scopo nella vita è vincere queste paure per scoprire la libertà, e sono convinto che, passato l’ultimo muro, non ci troveremo di fronte ad un enorme punto interrogativo ma sapremo cosa fare, sentiremo la nostra libertà (scusatemi ma mi viene da usare il film Matrix, ora, come metafora, con Neo che esce dal labirinto del calcolatore – ricordate la ricerca del segnale quando lo staccano dalle macchine? – e capisce quale è la sua strada dopo aver abbattuto tutte le barriere legate alle sue paure).

Meno angosciante, forse, di altri romanzi di Dick, più ironico, con tanti riferimenti sessuali impliciti ed espliciti, è un libro che si legge abbastanza bene. Non scorrevolissimo (specialmente la prima parte tarda un po’ a decollare) ma abbastanza “leggero”. Insomma, leggero… se Dick non avesse la mania di tutte quelle sigle e acronimi e neologismi forse si leggerebbe meglio.

Una nota sulla traduzione (il traduttore è Carlo Pagetti e ha scritto anche una introduzione al romanzo dove spiega come, in alcuni casi, ha operato): alcuni nomi sono stati modificati (lo stesso Sorcey O. Fosse in originale si chiamava Surley G. Febbs) e nomi delle armi e sigle corrispondenti sono stati adattati per essere più comprensibili (e in alcuni casi per assecondare giochi di parole).

Un parere personale sulla qualità editoriale: forse mi sono abituato male coi libri di Sellerio, ma trovare errori di battitura (non ricordo la parola e la pagina, ma garantisco che ho trovato una tripla al posto di una doppia, ed in generale ho scovato almeno altri 2 errori simili, senza contare gli errori legati a virgolette chiuse e mai aperte nei dialoghi, che non ti fanno capire se una persona pensa fra sé e sé o se dialoga con qualcuno) mi ha urtato: anche questo libro passa da una revisione editoriale prima di esser pubblicato, qualche errore ci può stare, ma mi è sembrato che ce ne fossero un po’ troppi. Eppure costa (scontato) 13,60 eur. Editore Fanucci: potresti farli controllare meglio i libri prima di pubblicarli. Anche io rileggo i miei post prima di inserirli nel blog: su dieci errori magari 8 li becco e ne rimangono solo 2.

Oltretutto, se ricordo bene, tanti errori così nei libri Fanucci di Dick non li avevo mai trovati, spero quindi sia un caso eccezionale e che non si ripeta in altre edizioni.

Comunque, buona lettura a tutti, e buone vacanze (a chi le sta facendo).  

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