L’isola del tesoro (Robert Louis Stevenson)
“Pezzi da otto! Pezzi da otto!” Se ci sono, in alcuni romanzi, frasi che ti rimangono appiccicate addosso – anche senza un senso particolare ma solo per la sonorità di esse – quella di questo romanzo è sicuramente il “pezzi da otto” gracchiato dal pappagallo di Long John Silver, frase che ancora sveglia di soprassalto Jim quando invade i suoi incubi. Cosa è l’isola del tesoro? Il romanzo (ho letto l’introduzione, stavolta) è nato come storia da raccontare ai ragazzi prima di dormire: Stevenson la buttò lì una sera e piacque tanto che tutta la famiglia, nei giorni seguenti, collaborò per portare avanti le avventure di Jim. Uscì, poi, come racconto per ragazzi ma non ebbe molto successo, al che l’autore – dopo averci lavorato un po’ – la pubblico come storia di avventura pensando ad un pubblico adulto che abbia ancora voglia di avventure, ed ebbe il successo che sappiamo (fino a diventare un classico della letteratura). La storia è semplice: Jim, adolescente, trova una mappa fra le cose di un vecchio pirata che alberga presso l’osteria del padre: insieme ad un conte e ad un dottore decidono di metter su una spedizione per raggiungere l’isola ed il tesoro. Ma i vecchi compagni del pirata che ha nascosto tutto quel ben di Dio si imbarcano sulla nave come marinai, con l’intenzione di appropriarsi dell’oro appena scoperto e uccidere conte, dottore e Jim. Fra peripezie, doppiogiochismo, avventure, colpi di scena e lieto fine i nostri eroi riescono a tornare a […]