Le affinità elettive (Goethe)

“Alla fine io stesso sarei ai tuoi occhi la calce che, attirata dal capitano come da acido solforico, è sottratta alla tua piacevole compagnia ed è trasformata in gesso refrattario” (parte prima, capitolo quarto) Il concetto di “affinità elettive”, in questo romanzo di Goethe, parte proprio da un esempio “minerale”: Edward ed il suo amico, il Capitano, insieme a Charlotte (moglie di Edward) parlano proprio di chimica  nel quarto capitolo ed il Capitano spiega loro come ci siano sostanze che, in certe condizioni, si separino da altre sostanze a cui sono unite e si congiungano ad altre sostanze ancora a cui danno una certa “preferenza”. Il paragone, naturalmente, è con il mondo umano e Edward vede, in una maliziosa seppur serena battuta della moglie, un rimprovero perché passa troppo tempo col capitano e sempre meno con lei (da qui la battuta riportata in testa al post). Malauguratamente il paragone si rivelerà più vero di quanto ognuno speri, fino ad un tragico finale. Ma andiamo con ordine. Siamo nel nord Europa ed Edward e Charlotte si sono uniti in matrimonio dopo la morte dei precedenti coniugi. Fra i due c’era sempre stato una certa attrazione, ma i casi della vita (e le unioni dettate da convenienze) li avevano separati. Ritrovatisi ormai entrambi vedovi (ma ancora giovani) decidono di sposarsi e si trasferiscono in una mega villa con mega parco nei pressi di un piccolo villaggio, col desiderio di sfuggire, almeno in parte, a quella vita mondana che è richiesta ai nobili. […]

Nel mare ci sono i coccodrilli : storia vera di Enaiatollah Akbari (Fabio Geda)

“- …A me interessa quello che è successo. La signora è importante per quello che ha fatto. Non importa il suo nome. Non importa come era la sua casa. Lei è chiunque. – In che senso chiunque? – Chiunque si comporti così” Le realtà di povertà e di fuga verso un mondo migliore, in questi ultimi tempi, mi stanno colpendo sempre più. Non per niente mi sono letto alcuni libri, ultimamente, che raccontavano storie di ragazzi in fuga verso una speranza. Gli ultimi due in ordine cronologico: “Il fabbricante di sogni” e “Io, Nojud, dieci anni, divorziata”. Di libri che raccontano storie simili ce ne sono tanti: forse sarò un po’ cinico ma qualcuno credo voglia sfruttare il filone, anche se, in fondo in fondo, portare alla luce queste storie fa sempre bene. Il libro a cui è dedicato questo post mi ha colpito – non ricordo quando né come – perché parlava della fuga di un bambino di (circa) 10 anni che adesso (oltre 20 anni) è ospite in Italia (rifugiato politico) ed ha passato mille peripezie per arrivarci, senza – all’inizio – neppure sapere dove era l’Italia e se si sarebbe fermato lì. La storia inizia con l’abbandono di Enaiatollah: la madre porta il figlio in Pakistan perché in Afghanistan, dove al potere sono i talebani, la vita per loro – di etnia hazara (ricordate “il cacciatore di aquiloni”?) – è diventata difficile, quasi impossibile. Sono trattati come schiavi, le scuole vengono chiuse perché (dice un talebano) “non […]

Safari di sangue (Deon Meyer)

“Mi piacerebbe poterti dire che è perché credo nella giustizia, ma non sarebbe vero. Lo faccio perché credo nella vendetta” Ultimamente mi era successo raramente che un libro mi prendesse dalla prima pagina: non so per quale alchimia, ma questo ci è riuscito. Avevo già letto altro di Deon Meyer (codice: cacciatore e Afrikaan Blues) e mi era piaciuto, anche se non in modo esaltante. Buona scrittura, buone storie, buona leggibilità ma non c’era mai stata quella brama di arrivare all’ultima pagina per capire come finiva. Eppure la prima pagina racconta della guardia del corpo (privata) Lemmer che sta ristrutturando casa, e della chiamata del suo capo per offrirgli un incarico. Ripeto: non so come mai – forse il fatto che la storia sembra raccontata da Lemmer direttamente – ma il racconto mi ha preso subito. E poi, quando nel corso della storia, l’intreccio si è infittito, la “sete” di conoscere la fine si è accentuata. Ovviamente della storia posso raccontare poco, onde evitare che vi riveli finali e passaggi importanti. Lemmer è una guardia del corpo che ha avuto alcuni problemi in passato, finendo anche in prigione. La direttrice di una agenzia di sicurezza personale (la Body Armour) lo vuole comunque fra i suoi dipendenti e gli affida vari incarichi che lui porta a termine senza problemi. Però arriva alla Body Armour una certa Emma Le Roux che dice di essere stata aggredita. Vuole una guardia del corpo per una settimana, finché non chiarisce una vicenda sospesa da oltre […]

Tom Clancy’s Splinter Cell: L’infiltrato (David Michaels)

Un agente segreto al tempo stesso preda e cacciatore in giro per il mondo, cattivi da scovare con nuove tecnologie, e qualche traditore da smascherare… Questa volta Sam Fisher sembra si sia messo proprio nei guai: ha ucciso un suo capo ed ora è in fuga, braccato da una squadra di altri Splinter Cell (alcuni addestrati da lui). Ma le apparenze a volte ingannano: quella di Sam è tutta una montatura per sottrarsi dal controllo di alcuni capi che sono sospettati di essere traditori. Solo lui e la sua diretta superiore sanno la verità. Fra inseguimenti e fughe, ricerca di prove, interrogatori più o meno ortodossi, Sam gira mezza Europa e parte dei paesi della ex URSS. Riesce a capire che un arsenale di armi moderne è stato trafugato da ex agenti SAS e si sta per svolgere un’asta per venderlo al miglior offerente. Ecco allora che Sam organizza un sistema di rilevamento con delle nano tecnologie sviluppate in Italia. L’idea è quella di “marcare” tutti i partecipanti all’asta usando queste tecnologie per poi colpirli (arrestarli o… chissà cos’altro) una volta tornati alle loro sedi operative. Alla fine la squadra che deve catturare Fisher viene messa al corrente della vera natura dell’operazione. Uno dei componenti della squadra si rivela un traditore che opera per uno dei capi corrotti dell’organizzazione degli splinter cell (third echelon): viene scoperto e messo (temporaneamente) fuori gioco. Ed insieme a lui si scopre chi dei capi di Fisher è la talpa che passa le informazioni all’organizzazione […]

Il visconte dimezzato (Italo Calvino)

“Così passavano i giorni a Terralba, e i nostri sentimenti si facevano incolori e ottusi, poiché ci sentivamo come perduti tra malvagità e virtù ugualmente disumane” Se il dualismo dell’uomo, nel “cavaliere inesistente”, veniva metaforicamente espresso dalla presenza inconsistente di Agilulfo e dalla carne di Gurdulù, in questa storia assume un aspetto ancora più surreale e profondo. Il visconte Medardo di Terralba, in guerra, viene colpito da una cannonata che lo divide a metà. Più morta che viva, la prima metà viene raccolta dall’esercito a cui apparteneva e “risistemata” dai medici di campo. La seconda metà viene trovata, dopo più tempo, da dei monaci che riescono a rimetterla in sesto. La prima metà (quella destra) è la prima a tornare al castello di Terralba. E la sua cattiveria inizia a mietere le prime vittime. I primi sintomi sono vari elementi (fiori, frutti, animali) tagliati esattamente a metà. Ma poi la cosa peggiora: il “mezzo visconte di destra” inizia a opprimere i paesani: contadini che vengono condannati all’impiccagione perché ritenuti responsabili di non aver versato tutti i tributi, guardie uccise perché non rispettano tutti gli ordini, … Ma quando gli abitanti del feudo dei Terralba pensano di essere ormai persi avviene una novità: sembra che il mezzo visconte inizi a compiere qualche atto di bontà. Sarà forse la pseudo storia di amore con la “contadinella” Pamela? Naaaaa… E’ il “mezzo visconte di sinistra” che è tornato: la bontà fatta persona. E la gente tira un sospiro di sollievo, anche se quel […]

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