Gli sarebbe bastata una qualunque di quelle lettere, anche solo l’asimmetria tra le due asole panciute della B di Balossino, per riconoscere immediatamente la calligrafia di Alice. (dal capitolo 39)
Perché ho scelto questa frase per introdurre il post al libro? Perché secondo me c’è tutto il senso del libro: la tensione fra Mattia (Balossino) ed Alice, la lontananza fra loro due, i paragoni matematico/fisici che Mattia usa per valutare il mondo.
Diciamo subito che da qualche mese questo libro mi perseguita: mi aveva incuriosito (forse per la faccenda dei numeri primi, che già in precedenza mi aveva appassionato) ma poi avevo rinunciato ad acquistarlo (dicendo: è solo una storia di amore fra adolescenti). Poi ha ricevuto rconoscimenti letterari come il premio Strega ed il premio Campiello, e mi è tornata voglia di leggerlo. Poi ancora mi era di nuovo passata al voglia. Infine l’ho regalato – per Natale – ad una “cugina” (in realtà la figlia di un cugino) e mi è tornato la voglia di leggerlo. E questa volta l’ho comprato e l’ho letto.
E’ volato via in 3 giorni, facendomi provare sensazioni contrastanti. All’inizio, nei primi 2 capitoli, sono rimasto un po’ perplesso. Ho scoperto dopo, nel seguito della storia, l’importanza di quei due capitoli: spiegano i “traumi” che trasformano i due protagonisti nelle anime solitarie di cui il romanzo racconta. I capitoli finali, invece, mi hanno lasciato con un groppo in gola… Non ho versato lacrime, ma speravo in un finale un po’ diverso.
Non sto a farla lunga sulla trama (ne trovate una buona versione su Wikipedia): Alice e Mattia sono soli, a causa di traumi avvenuti anni prima. Alice è anoressica. Mattia ha abbandonato la gemella, ritardata, una notte nel parco e non l’ha più trovata: per questo si infligge continuamente tagli nelle mani. Le loro vite si intrecciano a scuola: è Alice che nota Mattia e grazie ad una compagna riesce ad avvicinarlo. E nasce, appunto, questa tensione amicale/amorosa fra i due. Mattia non cerca di frequente Alice, ma scopre che quando è con lei si sente un po’ meglio. Alice, invece, cerca di stimolare Mattia, ma siccome lui non si dichiarerà mai lei inizierà a vivere una vita sua. Le loro vite si riavvicinano e si allontanano: Alice si mette a fare la fotografa mentre Mattia – che si è laureato in Matematica con il massimo dei voti grazie alla sua acuta intelligenza (che a volte si manifesta con forme simili all’autismo) – è divenuto insegnate e ricercatore presso una università del nord Europa. Si rincontrano ancora una volta, quando Alice è in difficoltà col marito Fabio, ma alla fine Mattia torna al suo lavoro e alla sua università. Il finale, però, è aperto: non si sa per certo cosa farà Mattia, così come lasciamo Alice davanti a mille incognite e possibilità. Forse saranno sempre come numeri primi gemelli, così vicini da potersi quasi sfiorare, ma mai in grado di abbracciarsi.
Vi ripeto: la prima sensazione sui capitoli uno e due non è stata molto positiva. Nel primo, forse, mi sembrava di entrare troppo nell’intimità di Alice. Nel secondo Mattia non mi faceva una buona impressione. Ed il linguaggio è stato, in qualche punto, forse un po’ crudo. Però – continuo a ripetermi – ripensando i primi capitoli alla luce dei successivi si comprende il perché di questo inizio e, in parte, si capisce anche perché la scelta di un certo linguaggio. L’idea generale, secondo me, era quella di far empatizzare da subito il lettore con i protagonisti.
Inoltre è forse la prima volta che leggo una storia i cui tempi sono scanditi in modo vario. Si passa dai primi 2 capitoli (protagonisti bambini) ai protagonisti adolescenti, poi maturi. Non c’è, insomma, la continuità temporale trovata in alcuni romanzi (dove tutto accade quasi di seguito), ne una scansione precisa. In un romanzo con una scansione temporale “normale” i capitoli uno e due sarebbero divenuti flash back o confessioni personali dei protagonisti.
Potremmo dire che il romanzo prende forma intorno ai momenti significativi della vita dei due personaggi: quando tutto è normale, ordinario, il racconto “si spenge” per riaccendersi quando accade qualcosa di significativo.
Alla fine sì, mi è piaciuto, e sono contento di averlo regalato a mia cugina. Capisco anche perché abbia ricevuto i premi citati all’inizio. E poi, lo devo confessare, mi sono esaltato quando Mattia ha scelto di discutere una tesi sulla funzione zeta di Riemann, legata (guarda caso) ai numeri primi. No, non sono un matematico ma ho letto qualcosa (a livello molto di base) e quel mondo mi ha affascinato. Mi sarebbe piaciuto, insomma, leggere la tesi di Mattia (anche se ci avrei capito poco).
Giudizio finale? Un libro da tenere in biblioteca. Una bella storia, anche se raccontata in modo un po’ asettico e con toni quasi da noir (come stile di scrittura). Ma, sicuramente, una storia che merita di essere letta.
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