Mille splendidi soli (Khaled Hosseini)

Tre generazioni in un Afghanistan in trasformazione.

Sembra che uno degli elementi distintivi dei racconti di Hosseini sia il raccontare la storia dei personaggi sin da quando sono piccoli. Anche in questo romanzo, come nel “Cacciatore di Aquiloni”, si parte dalla fanciullezza delle protagoniste.

Mariam, una “bastarda”, nata da una scappatella del padre con una serva, è costretta a vivere in una kolba (una specie di capanna in muratura) lontano dal paese, isolata, con la sola compagnia di sua madre (anche lei reietta dalla casa dell’amante). Purtroppo le altre 3 mogli hanno costretto il marito (padre di Mariam) a disfarsi della serva e della figlia illegittima per mantenere almeno una minima facciata di onore.

Mariam vive solo aspettando il giovedì, unico giorno della settimana in cui il padre si illude di “donarle” un po’ di sé (non si accorge che è solo un paliativo per anestetizzare la sua coscenza): va a trovarla e passa alcune ore con lei. Fortunatamente il padre non è l’unica visita nella solitaria vita di Mariam e di sua madre: un mullah del vicino paese le aiuta e fa lunghe chiacchierate con Mariam, insegnandole il corano e aiutandola ad esercitare la pazienza.

Finché Mariam, nel giorno del suo compleanno, non decide che è ora di pretendere qualcosa di più da suo padre: una famiglia in piena regola. Decide di raggiungere la casa del padre, ad Herat, e si ferma sul cancello decisa ad attenderlo (lui finge di non essere in casa). Ma le cose non vanno come crede: sua madre, avendo paura di rimanere comeplatamente sola, abbandona – purtroppo in modo tragico – Mariam. E lei si ritrova, fra il dire ed il fare, e con molte pressioni della “famiglia”, sposa di un uomo molto più anziano di lei che vive a Kabul. Lui si aspetta un figlio maschio da Mariam, ma… bè, lascio “leggere” a voi cosa succede.

Laila è una bambina quando per Mariam inizia la sua nuova vita a Kabul. Vivono vicino, ma le loro esistenze si sfiorano appena. E’ felice Laila, e Kabul è ancora una bella città, viva, culturalmente vivace. Ha una famiglia vivace e un amico, Tariq, che… è un amico vero e diventerà qualcosa di più (no, non chiedetemi cosa perché sennò vi rovino la lettura).

Però tutto le crolla intorno. La storia è risaputa: i sovietici finalmente si ritirano dall’Afghanistan e iniziano le lotte interne fra i signori della guerra. Fra battaglie alle porte di Kabul e razzi che sfrecciano nei suoi cieli la vita va avanti come può. Finché un razzo cade sulla casa di Laila. E lei rimane sola.

Ferita, viene soccorsa dal marito di Mariam, il quale ha, ovviamente, un secondo fine: avere da lei il figlio maschio che non ha potuto avere con Mariam (ops, ho anticipato una cosa che avevo lasciato in sospeso poco sopra).

Le pagine in cui Mariam e Laila iniziano a convivere sono insieme delicate e forti: Mariam vede dapprima Laila come una “concorrente” e ne è gelosa, ma poi fanno amicizia e nasce fra loro un rapporto veramente forte. Tanto che cercano di fuggire dal marito-padrone, senza riuscirci (e subendo una forte punizione).

Lascio a voi la lettura di come va a finire. Posso anticiparvi che – fortunatamente – Hosseini è riuscito anche questa volta a dare un lieto fine alla vicenda. Però, appunto, lascio a voi scoprire chi è Aziza (Diletta), la figlia di Laila, e che fine aveva fatto Tariq, che qualcuno ha detto essere morto ma che invece è vivo e vegeto?

Vi posso garantire che è un libro che merita di essere letto. Delicato ma anche forte; commovente, ti rende partecipe delle sofferenze dei personaggi, delle loro paure, ma anche delle loro (purtroppo poche) gioie.

E poi è un romanzo calato nella storia vera, quella che – almeno io – ho sentito raccontare ai TG serali da quando ero giovane. Certo, a noi sono arrivati sempre e solo frammenti attraverso i canali TV, ma è storia recente le cui conseguenze (almeno alcune) sono vissute ancora oggi: purtroppo tutti noi, per esempio, abbiamo ben prsente chi sono i talebani: gli stessi talebani che entrano nella vita di Mariam e di Laila. Attenzione: non si tratta di un romanzo “politico”, anzi questi affari politici sarebbero quasi “intermezzi insignificanti” se non influenzassero così pesantemente le vite dei personaggi.

Insomma,un romanzo da leggere, con calma, gustando alcuni passaggi e soffermandosi, a volte, a riflettere. Un romanzo da portarsi in spiaggia? Perché no? Però non vi aspettate di mantenere un clima allegro e spensierato dopo aver letto alcuni paragrafi.

Buona lettura.

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