Storia (vera) di una professoressa universitaria iraniana
Raccontare ora, dopo aver lasciato sedimentare per qualche settimana questo libro, non è semplice. Non so perché la storia della professoressa Nafisi, nonostante mi sia piaciuta, mi ha impegnato per 6 mesi nella lettura: partivo, mi fermavo, riprendevo…
E’ una storia vera, con nomi “falsi” (escluso alcuni) per proteggere le persone vere che fanno parte del racconto. E’ la storia di una professoressa che ha un ideale: sulla libertà, sulla letteratura, sui giovani.
E’ una professoressa iraniana, che ora vive in America, che ha vissuto il cambiamento del regime di Khomeini: la rivoluzione (che – come tutte le rivoluzioni – coinvolge in modo particolare gli studenti universitari). Una professoressa che non andava molto a genio al regime, ma che non ha subito grosse conseguenze per le sue disobbedienze. Una professoressa, però, che ha anche saputo seguire i consigli di saggi amici ed abbassare un po’ la testa: non troppo, ma quanto basta per poter rimanere ad insegnare senza intaccare i suoi ideali.
Azar racconta la sua vita passando attraverso alcuni autori del suo corso di letteratura (da Nabokov alla Austin, per citare solo due dei tanti autori indicati nel libro). Come se una serie di ricordi si fosse appiccicata ad un autore, ad un corso: la professoressa ci fa riviviere le arrabbiature, le sofferenze, la guerra raccontandole non solo in prima persona, ma anche grazie ai personaggi dei libri dei suoi corsi di letteratura.
Ma non solo: la professoressa ci porta nel suo salotto, dove ogni settimana si incontra con alcune studentesse per un seminario letterario. E’ stata lei stessa a scegliere ed invitare le studentesse fra coloro che partecipavano ai suoi corsi. Con loro si instaura un rapporto particolare, e le vicende dei protagonisti dei libri si intrecciano con le vicende di vita quotidiana di quel piccolo gruppo di donne.
Su di loro, come una spada di damocle pronta a frantumare questo legame, incombono la guerra con l’Iraq ed il regime musulmano.
Alcune studentesse non si vedono per anni – una, si saprà dopo, è morta (vedi il mio “preview” sul libro). La stessa Azar inizialmente lascia l’università, poi gli chiedono di tornare ad insegnare (ma c’è sempre qualcuno che la controlla). Fino alla decisione – come ci raccontano gli ultimi capitoli – di trasferirsi negli Stati Uniti.
Come detto all’inizio è uno di quei libri che ho dovuto “masticare lentamente”. Non si tratta di un saggio o di un resoconto storico (che io riesco a leggere solo a piccoli “morsi”). Sostanzialmente il libro della Nafisi è un romanzo, è un insieme di racconti che si intrecciano per descrivere una storia. E’ anche un corso di letteratura occidentale (ho già comprato altri 2 libri di cui si parla nel libro). Però mi sono dovuto fermare più volte.
Perché queste soste? L’unica idea che mi sono fatto è che si tratta di un libro “denso”, intenso, che non si lascia scorrere come un romanzo ma che ti si attacca addosso. Alcuni romanzi, la settimana dopo che li ho letti, li ricordo vagamente. Di questo libro, invece, ho ancora alcune “immagini” ben fissate nella mente.
Consiglio di leggerlo, se non altro perché il libro è una immensa fotografia di storia recente: Khomeini era un nome che sentivo spesso quando andavo alle medie (e nei primi anni delle superiori), ma allora non capivo cosa succedesse in Iran. Adesso ne so qualcosa in più.
Lo consiglio anche come piccolo corso letterario: le lezioni che la Nafisi faceva ai suoi studenti, ma ancora di più il “seminario” tenuto nel suo salotto, ci fanno comprendere meglio alcuni classici (“Lolita”, da cui prende il titolo, “Orgoglio e pregiudizio”, “Madame Bovary” e tanti altri).
Lo consiglio, però, soprattutto, perché è un racconto che nasce dall’anima, che sgorga dal cuore. Mi sono immaginato più volte, dopo aver letto alcuni capitolo, la professoressa Nafisi seduta in casa (negli States), a sfogliare vecchi ricordi, a richiamare alla memoria volti del passato… E’ un dono che Azar ci fa: un pezzo della sua memoria, dei suoi sentimenti, delle sue amicizie, della sua terra.
Buona lettura.
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[…] suoi corsi: in realtà li ho seguiti in modo indiretto, attraverso (appunto) il suo libro: “Leggere Lolita a Teheran” (di cui ho già scritto un […]