Storie dell’altro mondo…
Come dicevo in passati post Phil Dick mi affascina sempre più. Sarà per la sua capacità di far “empatizzare” il lettore con il protagonista, o forse per la forza con cui racconta il carattere dei personaggi, le loro angosce, le loro debolezze, i loro desideri.
Il suolo marziano, su cui è ambientato il romanzo, è solo una scusa per indagare nell’animo schizofrenico dei protagonisti: l’aggiustatutto Jack Bohen (forse in fuga da una Terra troppo “affollata” e in cerca di minor “contatot fisico”) e l’autistico Manfred, le cui paure si perdono in un lontano futuro…
Tutta la vicenda si svolge intorno a Manfred, un ragazzo autistico. Si ipotizza (ricordiamoci che il romanzo è stato scritto fra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70) che l’autismo sia una malattia che ha a che fare con lo scorrere del tempo per i soggetti affetti da tale malattia. Si pensa che rallentando adeguatamente lo scorrere della vita ordinaria il soggetto autistico riesca ad interagire con essa. Oppure accelerandola…
Fatto sta che l’affarista Arnie Kott vorrebbe sfruttare le presunte doti di Manfred per accrescere il tuo potere: se potesse – attraverso Manfred – vedere nel futuro diverrebbe l’uomo più importante della colonia marziana.
Ma nel futuro di Manfred c’è solo dolore, “putrio”, come dice continuamente lui, come scopriranno Jack e Arnie. Quali orribili visioni sconvolgono la mente di Manfred? Cosa lo porta ad isolarsi in tal modo dal mondo? Sarà veramente il futuro? E quanto nel futuro?
Lo scopre, a sue spese, Arnie Kott. Lo scopre, liberatoriamente, anche Jack. Povero Jack! Potenzialmente schizofrenico. Vorrebbe evitare contatti, soprattutto con i robot (gli insegnanti della scuola), ma anche con le persone. Ed invece sarà proprio lui ad interagire più di tutti con Manfred, nella vana ricerca di costruire una macchina che permetta al ragazzo di interagire con Arnie e consentire a quest’ultimo di “conoscere il futuro”.
Merita una lettura questo libro. Non solo per la storia (che è comunque intensa, abbastanza ricca di colpi di scena, con personaggi molto molto ben caratterizzati), ma anche per lo stile di scrittura di Phil Dick. E per quanto l’autore racconta di sé stesso, delle sue e nostre paure (la paura di invecchiare di Manfred non la condividiamo forse anche noi?), delle dinamiche di questo mondo (l’affarismo di Arnie e del padre di Jack, il suicidio del padre di Manfred, …).
Lo consiglio. Merita avere questo libro in biblioteca…
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