L’inventore di giochi (Pablo de Santis)
Fra i libri letti ultimamente c’è anche “L’inventore di Giochi” (di Pablo de Santis, Argentino nonostante il nome suoni italiano).
L’ho visto al supermercato, scontato, ho letto nel risvolto di copertina la storia e mi ha incuriosito… Si tratta di un ragazzo, il nipote di un grande inventoredi giochi, a cui iniziano ad accadere strani fatti da quando decide di partecipare ad un concorso per inventori di giochi.
Due parole, però, le voglio spendere anche su questo blog. Mi sono piaciute alcune idee, come l’immergere tutto il racconto in un mondo di giochi (il racconto sembra un gioco dell’oca) – senza, fra l’altro, nessun accenno ai video giochi -; ma ho trovato il finale un po’ banale, buttato lì tanto per chiudere. In circa 2 pagine la situazione di confronto fra il personaggio principale (Ivan Dragò) ed il suo antagonista si risolve. E non c’è un confronto diretto, non ci sono motivazioni interiori… rimane tutto in superficie.
Anche con i simbolismi succede un po’ la stessa cosa. In Zyl (città dove si inventavano i giochi più belli, e dove oil protagonista andrà a vivere) esiste una mappa della città, costruita dal nonno del protagonista. E’ un puzzle dove ogni tessera rappresenta una casa, una via, ogni piccola caratteristica della città. Il “cattivo” (ex abitante di Zyl) quando se ne va porta via con sé una tessera del puzzle. Da quel momento la città inizia a decadere. Solo quando il protagonista avrà recuperato il pezzo mancante, la città potrà ritornare a vivere…
Il simbolo del puzzle è molto indicato per una comunità: il pezzo mancante (la persona che se ne va) rende la comunità incompleta… Non si deve pensare solo a riportar eil pezzo, ma a far tornare la persona che esso rappresente in comunità. Purtroppo l’autore (come accennavo sopra) ha usato il simbolo del puzzle senza approfondirlo, senza legare troppo i personaggi alle varie tessere del puzzle. E’ semplicemente un oggetto che sta in mezzo alla città: visto così non avrebbe senso neppure cercare la tessera mancante (si potrebbe ricostruirla). Insomma, si vuol usare il simbolo ma non lo si approfondisce…
Andiamo al sodo, come si dice dalle mie parti: non me la sento di dirvi “compratelo”. Non la trovo un’opera da avere nella propria libreria. Però vi consiglio di leggerlo: sono dell’idea che da tutto si impara e in questo libro alcune buone idee ci sono. Se avete la possibilità di farvelo prestare sfruttatela. Se poi vi piace siete sempre a tempo a comprarlo. Oppure aspettate una edizione economica. Vi posso dire, comunque, che è un libro che si legge bene sotto l’ombrellone…
Buona lettura.
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